Nonostante l'inasprimento delle riforme adottate dalle potenze mondiali, l'immigrazione rimane un propulsore per la crescita economica. È quanto emerge dall'ultimo rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Lo analizziamo nel dettaglio in questo articolo.
Immigrazione: un fattore di crescita indispensabile
Pubblicato il 2 maggio, il rapporto Economic Outlook 2024 dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) è cauto, ma evidenzia un ritorno alla crescita che, pur essendo modesto (+3% nel 2023), continuerà. La stessa cifra è prevista per quest'anno. L'OCSE prevede un leggero aumento del PIL mondiale nel 2025 (+3,2%) ritenendo che queste cifre siano buone, visto il contesto geopolitico.
Il rapporto parla di un 2023 caratterizzato da importanti “flussi migratori” in diversi Paesi dell'OCSE e in particolare in Australia, Canada (entrambe hanno adottato misure per limitare il numero di nuovi immigrati), Stati Uniti, Spagna e Regno Unito. Nonostante la Brexit, e una serie di misure volte a rendere più severe le condizioni di immigrazione, il Regno Unito continua ad attrarre lavoratori stranieri.
L'immigrazione rimane una questione delicata in molte nazioni, che vogliono limitare gli ingressi pur riconoscendo di non poter fare a meno dei lavoratori stranieri. Nel suo rapporto, l'OCSE sottolinea l'impatto diretto dei lavoratori stranieri sulla crescita. In Gran Bretagna, la manodopera straniera ha contribuito alla crescita per più di un punto percentuale. In Australia, Canada, Spagna e Svezia (nonostante l'inasprimento della politica di immigrazione svedese) il contributo è stato di +1,5 punti percentuali. Le cifre salgono a quasi 3,5 punti di crescita in Irlanda e a 3,7 punti in Portogallo. Questi livelli sono ben superiori a quelli registrati nel periodo 2010-2019. Sebbene il contributo della manodopera straniera sia meno forte in Francia (quasi 0,5 punti), rimane una “benedizione”, come ha sottolineato il Conseil d'analyse économique (CAE) nel 2021. L'organismo, che fa capo al governo francese, da diversi anni chiede di investire maggiormente nell'immigrazione qualificata per stimolare la crescita.
Lavoratori stranieri per colmare le carenze di manodopera
Questi dati vanno incrociati con la carenza di manodopera nel periodo 2021-2023. Gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e i Paesi dell'eurozona sono stati particolarmente colpiti dalla mancanza di forza lavoro. Negli Stati Uniti, l'1,5-2% delle aziende dichiara di avere avuto difficoltà di reclutamento in questo periodo. La cifra può sembrare bassa, ma rappresenta dai 9 ai 12 milioni di posti di lavoro rimasti scoperti nel 2021-2023. Al culmine della crisi (fine 2022), quasi il 2% delle aziende canadesi non trovava personale. La cifra si attestava oltre il 2,5% per la zona euro. Anche se la percentuale è gradualmente diminuita a partire dal 2023, è rimasta a un livello elevato (circa 1,6% nella zona euro). Meglio per gli Stati Uniti (1%) e soprattutto in Canada, dove ora si è azzerata.
Le aziende giapponesi, di contro, faticano ancora a trovare personale. Il problema si è inasprito dopo la crisi sanitaria e la percentuale ha superato l'1,5% all'inizio del 2024. Il Giappone, che sta affrontando una duplice sfida, demografica e migratoria, si sta lentamente aprendo all'immigrazione (in particolare riformando i permessi di lavoro e creando nuovi visti di lavoro).
Politiche di immigrazione: visioni diverse a seconda degli Stati
Nel bel mezzo della sua campagna di rielezione, Joe Biden sottolinea il legame tra crescita e immigrazione. Il 1° maggio, in occasione di un evento di raccolta fondi per la sua campagna, ha affermato che l'immigrazione ha permesso lo sviluppo economico degli Stati Uniti. A suo avviso, le difficoltà di Cina, Russia, India e Giappone sono la conseguenza della loro “xenofobia”. A sua detta, “[…] non vogliono gli immigrati”.
Le affermazioni di Biden hanno sorpreso soprattutto il Giappone, fedele alleato degli USA. All'inizio di aprile, il Primo Ministro Kishida era stato accolto in pompa magna a Washington, e ora è stato messo sullo stesso piano degli avversari. Il 3 maggio Tokyo ha reagito, definendo “deplorevoli” le parole del presidente americano. Il portavoce della Casa Bianca l'accaduto, ricordando la storica alleanza tra i due Paesi. Senza alcun risultato. Il Giappone ha negato qualsiasi forma di xenofobia e ha difeso la sua politica migratoria.
E' stato un passo falso? Joe Biden si era in effetti impegnato a rafforzare i legami non solo con il Giappone, ma anche con l'India, per contrastare l'espansione cinese nel Pacifico. Gli equilibri di potere restano molto importanti, in un contesto di grande instabilità geopolitica. La crescita globale mostra ampie disparità tra le regioni del mondo.
Gli Stati Uniti godono di buona salute economica (+2,5% di crescita nel 2023). Il tasso di crescita del 6,6% dell'India è sufficiente a far vacillare qualsiasi economia europea. L'eurozona è in fase di stallo. Il gigante tedesco non avanza, con una crescita di appena lo 0,2% prevista per quest'anno. La Germania era in recessione nel 2023 (-0,3% di crescita). È proprio per rilanciare la sua crescita che ha avviato la riforma sull'immigrazione. La sfida è attrarre, e soprattutto trattenere, i talenti stranieri.
Che impatto sui progetti di espatrio?
L'immigrazione è essenziale, ma quale politica adottare? Sebbene tutte le principali potenze concordino sul fatto che l'immigrazione economica sia l'opzione da preferire, ognuna adotta strategie diverse. Gli osservatori tengono d'occhio il Canada, terra d'immigrazione per eccellenza, nota per la sua politica delle porte aperte (anche se soggetta a criteri precisi). Quale sarà l'impatto della decisione presa dal Dipartimento dell'Immigrazione per limitare il numero di cittadini stranieri?
Gli occhi sono puntati anche sul Regno Unito che, per volere del Primo Ministro Sunak, accoglie a braccia aperte investitori facoltosi e professionisti stranieri altamente qualificati. Ma solo loro. Le ultime misure (adottate ad aprile e maggio) limitano notevolmente gli ingressi. E' importante ricordare anche le terre di emigrazione. L'Italia, la Croazia e i Paesi dell'Est Europa stanno perdendo abitanti (fuga dei cervelli) e non attirano professionisti stranieri perchè le loro politiche non si muovono in questa direzione. Il calo demografico, sempre più evidente, potrebbe spingere i governi a rivedere le loro politiche migratorie.