Essere un espatriato significa che mi sentirò sempre in bilico tra due culture? Non completamente a casa nel mio paese ospitante e un estraneo nel mio paese d'origine? Stefanie ci parla della sua esperienza di donna inglese a Parigi.
Mi sono trasferita a Parigi dall'Inghilterra nel 2012.
All'epoca pensavo che sarei rimasta per un anno o due, che avrei imparato alla perfezione il francese e che avrei fatto successo.
Adesso è il 2020 e sono ancora qui.
Quando 8 anni fa salii su quel treno verso Parigi con una valigia enorme, non avevo idea di quello in cui mi stavo cacciando. Al tempo non mi rendevo conto che quell' esperienza avrebbe avuto un forte impatto sul mio futuro e su tutta la mia vita.
Nessuna delle cose che pensavo sarebbero accadute si è avverata. Non sono bilingue. Nessuno sano di mente mi definirebbe come una persona di successo. La realtà dei fatti è che sono passata dall'essere un'espatriata che voleva fare un'esperienza temporanea in Francia, ad un'immigrata che non ha intenzione di andarsene.
Quando ho messo piede a Parigi per la prima volta non avrei mai immaginato che il trasferimento sarebbe durato abbastanza a lungo da trasformarmi come persona. Eppure eccomi qui, la vita all'estero mia ha profondamente cambiata.
Per quelli che si trasferiscono decidendo mi mettere radici, la questione dell'appartenenza è simile a un ronzio: a volte impercettibile, a volte assordante. Ci sono giorni in cui ti senti a casa. Il cameriere del tuo bar preferito sa che tipo di caffè ti piace, riesci a fare una battuta nella tua seconda lingua, hai la meglio sulla burocrazia locale. Poi ci sono gli "altri giorni".
Anche se hai la doppia nazionalità o la residenza, il diritto di voto, parli la lingua locale come un nativo, ti scontri irrimediabilmente con ostacoli difficili da superare: il senso dell'umorismo, le differenze culturali, le sfumature di carattere sociale, la politica... è un vero e proprio dilemma esistenziale.
La "casa" dov'è? Dopo anni di vita in un altro paese ho imparato una cosa sorprendente: mi sento un'espatriata anche quando rientro nel mio paese natale. Amo tornare a casa ma non posso fare a meno di mettere a confronto le due realtà della mia vita. Amo profondamente sia la Francia che l'Inghilterra anche se sono cosciente che hanno entrambe dei difetti. La cosa che mi sconcerta di più è che quando sono in Inghilterra, l'altra metà di me è oltre Manica e viceversa.
È stato durante una chiacchierata con un amico francese che sono riuscita a sbrogliare la matassa. Mi ha ascoltata pazientemente mentre massacravo la sua lingua cercando di esprimere il mio stato d'animo. Sembrava confuso il poveretto. Pensavo fosse dovuto al fatto di non riuscire a spiegarmi correttamente, ma non era cosi. Mi ha fatto capire che la mia prospettiva delle cose era sbagliata.
“Impara ad accettare il modo in cui ti senti, non combatterlo!", mi disse. "Non sei più solo inglese, ma non sei neanche completamente francese. Appartieni alle due realtà ed è fantastico. È un superpotere".
Ho deciso quindi di apprezzare la mia dualità invece di preoccuparmene. Ho deciso di dare un'accezione positiva alla mia "non appartenenza". Si, sono inglese. Ma lo sono in modo meno accentuato di prima, e sono più francese di quanto credevo possibile.
Non si tratta di amare una cultura più di un'altra, ma di apprendere, comprendere ed accettare entrambe il più possibile. Come espatriati, è una nostra scelta e un nostro privilegio essere influenzati ed ispirati da trazioni diverse rispetto a quelle con cui siamo cresciuti. Questa è la nostra ricchezza. Questo è il nostro superpotere.