Essere un frontaliere ai tempi del coronavirus

Vita quotidiana
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Pubblicato 06 maggio, 2020
Dopo la chiusura delle frontiere, la vita quotidiana di molti lavoratori frontalieri è cambiata. Florian e Tamime sono francesi e lavorano rispettivamente in Lussemburgo e in Svizzera. Chiediamo loro che impatto ha avuto la pandemia del COVID-19 sulla loro vita professionale.

Florian, direttore di un ristorante

Dove vivi e dove lavori?

Vivo in Francia tra Nancy e Metz, in un piccolo villaggio della Lorena, a 20 minuti dal confine con il Lussemburgo. Lavoro nel centro città di Lussemburgo, in un hotel 5 stelle che si chiama Le Place d'Armes. Dirigo il ristorante Le Café de Paris.

Da quanto tempo lavori in Lussemburgo? 

Lavoro in Lussemburgo da 10 anni. Ho frequentato una scuola alberghiera in Francia, al confine con il Lussemburgo. Il sistema scolastico tradizionale non faceva per me ed ho trovato la mia strada nel settore della ristorazione. Ho fatto parecchi stage in Lussemburgo a contatto con colleghi di varie nazionalità. E' un paese piccolo che necessità di manodopera. La ristorazione impiega tanti espatriati tra cui francesi, belgi e tedeschi. 

Ho iniziato a lavorare in Lussemburgo due settimane dopo il diploma. Gli stipendi qui sono migliori che oltrove. 

Prima della crisi, eri abituato ad attraversare il confine ogni giorno?

Sì, certo. La scelta era tra vivere in 30m² spendendo circa 1.300 euro al mese o avere una casa tutta mia con piccolo giardino allo stesso prezzo. Ho optato per l'ultima soluzione che mi permette di abitare in una zona tranquilla vicino ai boschi. Di contro devo mettermi in macchina tutti i giorni per andare al lavoro. Sono cinquanta minuti di strada da casa al ristorante ma a causa del traffico parto spesso due ore e mezza prima dell'inizio del turno. 

Che misure sono state prese dopo l'inizio della crisi? 

È successo tutto all'improvviso. Ci hanno informati che dal giorno successivo tutti i bar e i ristoranti sarebbero rimasti chiusi. Al tempo c'erano dei clienti che soggiornavano in hotel. Dei tre ristoranti disponibili ne abbiamo lasciato aperto uno ma solo per preparare i pasti che venivano serviti in camera. Ci siamo trovati a gestire una situazione senza precedenti. Lavoriamo in un 5 stelle che fa parte della catena Relais et Chateaux, dobbiamo essere in grado di soddisfare le esigenze dei clienti in qualsiasi circostanza. Siamo rimasti aperti dato che le persone non potevano rientrare a casa loro. Non abbiamo più preso prenotazioni e abbiamo annullato tutte quelle di Marzo, Aprile e ora Maggio. 

Alcuni dei miei colleghi sono rimasti in hotel per assicurare il servizio. Uno di loro, un espatriato, condivide un appartamento piccolissimo con un coinquilino, immagino che non sia facile per lui in questo momento. Ci sono state molte critiche nei confronti dei parigini che sono fuggiti dalla capitale per trasferirsi nella seconda casa. Non è il mio caso, ma posso capirli. 

Noi che lavoriamo nei ristoranti e negli hotel non possiamo passare al telelavoro. Mettiamo comunque questo periodo a buon uso infatti la direzione ci sta facendo seguire dei corsi di formazione per i quali non abbiamo tempo quando siamo sul campo. Quello che apprezzo inoltre è l'assistenza che il Governo lussemburghese garantisce alle famiglie con figli.

Come immagini il futuro?

La nostra situazione è particolare perchè lavoriamo in un settore che sarà l'ultimo a ripartire. Sia Francia che Lussemburgo sono d'accordo su questo punto. 

Il deconfinamento in Lussemburgo è iniziato ma sarà molto graduale. Quindi non abbiamo idea di quando possiamo riaprire. E anche in seguito, la prospettiva di servire un cliente indossando una mascherina non è particolarmente allettante. Stiamo cercando delle soluzioni ma per ora brancoliamo nel buio. Il 70% delle nostre entrate è generato dalle consumazioni servite negli spazi all'aperto che ora sono chiusi. Capisco le precauzioni sanitarie ma da un punto di vista economico è un disastro. 

Tamime, farmacista

Dove vivi e dove lavori?

Mi chiamo Tamime. Lavoro in un istituto farmaceutico a Zurigo, in Svizzera. Vivo a Zurigo durante la settimana e passo il weekend a Strasburgo, in Francia, dove ora trascorro la quarantena.

Da quanto tempo lavori in Svizzera? 

Lavoro in Svizzera da 9 anni e sono a Zurigo dall'inizio di quest'anno. All'inizio cercavo impiego in Francia, ma non riuscivo a trovare nulla. Ho avuto un'opportunità in Svizzera e non ho più cambiato.

Che misure sono state prese dopo l'inizio della crisi? 

È successo tutto rapidamente. Un venerdi ho ricevuto una mail che mi informava che i nostri uffici erano chiusi e che lunedì non sarei potuta tornare al lavoro. Dato che il confine è stato chiuso e io sono residente in Francia, non sono potuta andare a Zurigo. 

Ho iniziato a lavorare da casa prima che il Governo francese annunciasse il lockdown. Mi serve solo un computer per essere operativa quindi non ho avuto grosse difficoltà. La Svizzera ha cercato di adottare la modalità del telelavoro nel minor tempo possibile e l'agenzia con cui lavoro ha fornito dei pc a chiunque ne avesse avuto bisogno. 

Il mio lavoro non è cambiato molto dato che di norma tratto con persone al di fuori della Svizzera. Mi manca di contro l'interazione con i colleghi. 

Che ripercussioni ha la crisi sulla tua attvità professionale?

Le cose ora sono più difficili da ottenere, come nel caso di una semplice firma. Siamo tutti nella stessa barca e me ne rendo conto durante le riunioni con i colleghi che vivono in altre parti del mondo. Ci sono tante cose che a livello burocratico non possiamo più fare e questo ci crea dei problemi quando dobbiamo rifornire i clienti dei medicinali di cui hanno bisogno. 

Noi produciamo medicinali a base di ferro, di quelli usati per curare le infezioni renali legate al coronavirus. L'impatto sui pazienti, quelli che ad esempio fanno dialisi, è che per loro diventa difficile seguire le cure perchè alcuni ospedali sono al collasso. In generale comunque ne risentono tutte le persone che hanno una patologia perchè non possono essere curate e seguite come prima della crisi. 

Come immagini il futuro?

In Svizzera non sono state imposte le stesse restrizioni che in Francia, c'è stata maggiore libertà. Sono stati vietati solo gli assembramenti di più di 5 persone. Una settimana dopo il lockdown i parrucchieri ed i negozi hanno riaperto. Credo che la settimana prossima saprò se e quando riprenderò a lavorare. All'inizio si era parlato di Luglio ma forse sarà anche prima. Certo dovremo attenerci alle disposizioni governative e rispettare le distanze di sicurezza. 

Articolo tradotta da La crise du COVID-19 vue par les frontaliers