Presentati brevemente ai nostri lettori
Ciao a tutti, mi chiamo Chiara Elia, sono italiana di Roma, classe 1980. Vivo a Barcellona, Catalogna, Spagna, da settembre 2013.
Sono laureata in Sociologia della Comunicazione con tesi di laurea in Sociologia della Famiglia. La mia passione per la scrittura mi ha portato dal 2008 alla pubblicazione di libri di poesia e di favole. Nel 2016 è uscito anche il mio primo romanzo dal titolo “Storie Trasteverine”.
Da luglio 2019 ho aperto un blog, dove racconto la mia esperienza di mamma all'estero.
Parlo quattro lingue: italiano, castigliano, catalano e inglese. Il 15 aprile 2021 ho ricevuto il primo premio poesia in catalano al Concurs literari de la Vila de Gràcia di Barcellona.
A Roma ho studiato danza flamenca per più di dieci anni.
Sono mamma di due splendidi bambini.
Quali sono i motivi che ti hanno portato a Barcellona?
A fine maggio 2013 mi si comunicava che dopo otto anni di lavoro, alla fine lo avrei perso. Quella sera, dopo essermi consultata con i miei genitori e fratelli, ho sentito l'esigenza di fare un'esperienza all'estero. Durante l'università non avevo usufruito del programma Erasmus, perció ho trasformato la notizia negativa della perdita del lavoro in un'opportunità di crescita e di esperienza personale lontano da casa.
Ho detto ai miei che sarei andata a Barcellona, città che già conoscevo, l'unica per la quale avrei lasciato la mia amata Roma. L'idea iniziale era di starci qualche mese per imparare lo spagnolo, poi è arrivato l'amore e tutto è cambiato.
Hai avuto difficoltà ad adattarti alla vita in Spagna e come le hai superate?
Non ho avuto difficoltà ad adattarmi alla vita in Spagna. Mi trovavo lì per una scelta personale, perciò mi sentivo entusiasta di scoprire la cultura del posto, di vivere questa nuova esperienza.
Appena arrivata mi sono iscritta subito a un corso di flamenco, non ci potevo credere, l'insegnante era spagnola! Inoltre la mia formazione da sociologa mi ha dato le linee guida per capire la mentalità delle persone del posto, che in realtà più di spagnoli si tratta di catalani.
La Catalogna è una Comunità Autonoma con due lingue ufficiali, il catalano e il castigliano, riconosciute dalla Costituzione Spagnola.
Fin dal principio, mi affascinava come quasi ogni persona catalana che conoscessi durante una conversazione potesse cambiare lingua con facilità.
All'inizio, il mio grande scoglio è stato imparare il castigliano (lo spagnolo). Iscrivendomi alla scuola ufficiale di lingue, la EOI de Barcelona, dopo quattro mesi di studio ho conseguito il mio primo titolo. Da quel momento mi sono sentita più inserita, perché delle due lingue ufficiali, almeno ne potevo parlare una. Poi dal 2018, quando il mio secondo figlio aveva compiuto un anno, mi sono iscritta al Consorci per a la Normalització Lingüística de Barcelona per imparare il catalano. Da quel giorno ho cambiato approccio, ho lasciato da parte l'uso dello spagnolo, perché mi creava confusione, e mi sono tuffata nell'apprendimento della lingua autoctona, il catalano appunto. L'ho fatto per comprendere meglio il popolo con cui vivo, per ottenere una migliore integrazione e per essere da esempio ai miei due figli, inseriti nella scuola pubblica catalana, che ogni giorno si impegnano a impararlo. Per quanto mi riguarda, ci sono voluti tre anni di studio costante, ma poi ce l'ho fatta e l'8 aprile 2021 ho conseguito il livello C1 di catalano!
Mi ricordo che all'inizio studiavo solo la sera dopo cena oppure quando dormiva mio figlio e la più grande stava a scuola. Poi da settembre anche il piccolo ha iniziato a frequentare l'asilo, così mi sono buttata a capofitto nello studio, investendo fino a quattro ore al giorno tutti i giorni. Conosco italiani che hanno rifiutato lo studio del catalano o che lo hanno abbandonato. Capisco che è dura dover imparare due lingue straniere, ma penso che sia importante per sentirsi davvero inseriti nella doppia anima di Barcellona. Adesso, quando vado nei negozi e parlo catalano, noto come a questi gli brillino gli occhi; non c'è niente da fare ai catalani piace che si usi la loro prima lingua ufficiale, si sentono rispettati, e mi fanno pure i complimenti, dicono: “un'italiana che parla catalano, che sorpresa!”.
Scrivi un blog, come si chiama e che tematiche tratti?
Come vi accennavo, da luglio 2019 ho sentito l'esigenza e l'entusiasmo di aprire un blog dal titolo “Come vivere da mamme all'estero” www.chiaraelia.com unendo la mia passione per la scrittura al desiderio di raccontare la mia esperienza di mamma all'estero. Come scelta personale ho deciso di tenere a casa con me i miei figli fino al loro terzo anno di età, evitando così l'asilo nido e le babysitter.
Il blog è sorretto da due pilastri importanti, il lato pedagogico, legato anche a temi che prendono spunto dai miei studi in Sociologia della Famiglia, e l'altro più deciso a raccontare gli usi e costumi della società catalana. La lingua del blog è l'italiano, e vorrebbe essere d'ispirazione a quelle persone connazionali che cercano consigli o confronti su come e perché trasferirsi all'estero.
Lo considero come una finestra che affaccia sulla multiculturalità, con vari articoli che sottolineano l'importanza di vivere in una società multietnica come Barcellona. Provo a creare riflessioni per abbattere atteggiamenti e pensieri razzisti, focalizzandosi invece sul concetto che la diversità è una risorsa importante e che tante culture differenti possono convivere in pace riempiendo la città di fascino. Pensate, solo in classe di mia figlia, che frequenta la scuola pubblica del quartiere, ci sono bambini provenienti da quattordici nazionalità differenti, personalmente lo trovo un grande arricchimento culturale!
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di crescere i figli all'estero?
A questa domanda ho risposto anche in vari articoli del mio blog. Come in quasi tutte le situazioni della vita vi troviamo il lato positivo e negativo.
Per natura e per educazione ricevuta tendo a guardare il lato positivo. Avendo noi deciso di svolgere la nostra vita familiare all'estero, siamo consapevoli che ci priviamo dell'incontro con i nostri cari in terra d'origine, che nel nostro caso vivono a Roma.
Ci tengo a dire che mi sento molto legata ai miei due fratelli e a mia madre, ma purtroppo ci perdiamo feste di compleanno, domeniche a pranzo, e soprattutto viene meno l'aiuto delle nonne. Tra l'altro, in alcuni momenti si sente pure la nostalgia di alcuni luoghi della Città Eterna, dell'ascolto per strada del dialetto romanesco, di poter recarsi ai ristoranti preferiti o poter accedere con facilità ai prodotti italiani. Se questi sono i lati “negativi”, quelli positivi a mio avviso sono più forti e sono quelli che a tutt'oggi mi fanno scegliere ancora una volta di vivere a Barcellona.
Partiamo dal tema lavoro. Mio marito ha una posizione che a Roma o in Italia in generale faticherebbe molto a ricrearsi. Per quanto mi riguarda, ora che entrambi i figli vanno a scuola mi sto formando per trovare un nuovo lavoro, lo studio mi accompagna ancora una volta, giorno per giorno. Certo, non mancano i momenti in cui mio marito e io avremmo voglia di fare una passeggiata o una cenetta in due, ma per ora va bene cosí, e pandemia permettendo, lo ritorneremo a fare appena le nostre mamme, “le nonne volanti”, come le chiamo in un mio articolo, potranno tornare a viaggiare.
Un altro motivo positivo è che mi piace l'idea che i miei figli crescano multilingue, considerato che parlano l'italiano come lingua materna, poi catalano, castigliano e inglese. Un'altra grande opportunità è che interagiscano con le differenze e i punti in comune di due magnifiche città, quali Barcellona e Roma. In quest'ultima cerchiamo di tornarci almeno tre volte l'anno.
Per concludere, a parte alcuni momenti di nostalgia romana, spesso colmati da canzoni di Antonello Venditti, Radici Nel Cemento e Gemitaiz, non mi sono mai sentita sola all'estero, almeno finora. Mi piace vivere a Barcellona, e quando torno a Roma mi dimentico dei difetti e mi godo solo i suoi lati positivi, così la vivono pure i miei figli, ai quali ci tengo a trasmettere la mia cultura d'origine.
Come si svolge una tua giornata tipo?
Durante i miei primi anni in Catalogna mi sono dedicata a fare la mamma a tempo pieno, finché poi i miei figli hanno cominciato a frequentare la materna a tre anni, il P3, come si chiama a Barcellona. Con questa mia decisione desideravo instaurare un forte rapporto di fiducia madre-figlio, attraverso il quale conoscersi reciprocamente meglio, senza avere a che fare con babysitter o asilo nido. Questa è stata una mia scelta, una decisione personale, penso che ogni donna, ogni coppia debba prendere quella migliore per sé. Perció ogni mattina dei miei primi anni a Barcellona portavo i miei figli al parco, poi mi dedicavo alle commissioni, tutto insieme a loro.
All'inizio c'è stato poco tempo per me stessa, ma mi sentivo serena per la mia scelta. C'è da dire che continuavo a studiare di tanto in tanto e andavo quasi tutte le domeniche mattina in piscina, in solitaria, per ricaricare le energie. Questo grazie a mio marito che me lo ha permesso, sono stata fortunata. Dopo, quando il figlio più piccolo ha iniziato la materna, ho avuto più tempo per me e mi sono messa sotto con lo studio del catalano, come dicevo, conseguendo l'ambito titolo C1.
Adesso che ho ancora più tempo, continuo a impegnare le mie mattinate nella formazione, decisa a trovare lavoro al più presto. In più mi alleno, scrivo, leggo, cucino, faccio lunghe passeggiate per il mio quartiere, insomma ho molti interessi, una mamma non si annoia mai!
Come ti piace trascorrere il tempo libero in famiglia a Barcellona?
Innanzitutto ci tengo a dire che, almeno prima della pandemia, Barcellona offriva diverse attività da svolgere il fine settimana. Penso che sia una città a misura familiare, piena di coppie giovanili con figli. Ai miei cerco di trasmettere lo spirito della scoperta, fosse anche solo andando in un nuovo parco.
Quando abitavo a Roma, mia madre mi abituava a fare con lei lunghe passeggiate per la Città Eterna. Mi ha insegnato a girare un paese o una città da cima a fondo, non tornando nello stesso luogo già visto, ma prediligendo invece la scoperta.
Lo spirito di avventura di mia madre mi ha trasmesso la voglia di conoscere la città in cui vivo. Visto che ora sono a Barcellona, sono curiosa di andarmene in giro per strade, piazze, parchi, quartieri.
Prima che arrivasse la pandemia da coronavirus, ogni fine settimana mio marito, i miei figli e io uscivamo da casa la mattina e tornavamo il pomeriggio alla scoperta di Barcellona. Ogni volta sceglievamo una destinazione diversa.
Questa città è comoda da girare con l'autobus o con la metro, non serve possedere un'automobile, infatti noi non ce l'abbiamo, e di questo sono molto contenta, paradossalmente mi sento più libera senza! Quando abbiamo voglia di una gita fuori, ne affittiamo una.
Durante il periodo della pandemia abbiamo frequentato molto i parchi del nostro quartiere. Adesso ci stiamo muovendo di più, ma sempre in città, per esempio con una passeggiata in spiaggia, una al centro, un'altra nell'amato quartiere di Gràcia. Tra l'altro non dimentichiamoci uno dei punti forti di Barcellona: il mare.
Mio padre, appassionato velista, penso che l'avrebbe apprezzata tanto come me.
Per concludere, il mio fine settimana è dedicato alle attività in famiglia e se al mare o in piscina, meglio!
Che consigli puoi dare ad altre mamme per aiutarle ad affrontare un trasferimento all'estero con bambini?
Il trasferimento, in più se all'estero, porta con sé già tanti cambiamenti.
Personalmente penso che il cambiamento sia vita. C'è da dire che ogni persona lo vive in modo diverso, c'è chi pensa sia una sorta di timore, chi invece vede il cambiamento come un'opportunità. Per natura e per educazione appartengo a questa seconda categoria.
Cerco di trasmettere ai miei figli l'entusiasmo e la curiosità per la scoperta di nuove situazioni. Penso che si tratti di una forma mentis, perciò vi dico che se avete a che fare con un trasferimento all'estero, care mamme, pensate, o meglio, immaginate tutto ciò che di bello questa nuova esperienza vi porterà, soprattutto parlatene con entusiasmo ai vostri figli, cercando di trasmettergli l'apertura all'integrazione. Ce la farete, ma ricordate che per vivere bene all'estero ci vuole tempo, pazienza e apertura mentale.
La vita all'estero ti ha cambiata? Sotto quali punti di vista?
Sí, penso proprio di sí, mi ha cambiata, in meglio.
Come vi raccontavo in precedenza, mi piace il cambiamento e da quando vivo a Barcellona, ormai da quasi otto anni, ho la costante sensazione di sentirmi in vacanza; non che non abbia dei doveri e una routine, ma so che c'è tanto da scoprire.
La Comunità Autonoma della Catalogna è grande e offre tanto, mare, montagna, paesi, hai sempre la sensazione di poter scoprire un posto nuovo, rimanendo vicino a casa tua. La mentalità autoctona poi è diversa da quella d'origine; noto come la maggior parte dei catalani siano persone calme e pacifiche, portate al rispetto per la convivenza civile. Per le strade si respira educazione e cortesia che gioca un effetto domino nella società. Insomma, si riscontra solidarietà. Il bene pubblico è rispettato perché è di tutti, perciò pure mio e tuo, e dobbiamo preservarlo, non distruggerlo.
Questa sensazione mi è stata chiara fin da subito, ed in parte è ciò che mi ha conquistata. Tra l'altro mi piace vivere in una società che si impegna attivamente per la parità dei diritti uomo-donna, oltre quelli per i gay, una società femminista, ma non aggressiva. Insomma, Barcellona ti apre ancora di più la mente, ed è questo ciò che vorrei offrire ai miei figli, regalargli il connubio tra i miei valori d'origine, dati dalle mie tradizioni romane, e l'impatto avanguardista che ti dona Barcellona, con il suo impegno per salvaguardare i diritti sociali; un ricco pasto multiculturale che scelgo ogni giorno di assaporare dalla tavola della mia vita all'estero.
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