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Buone maniere e cortesia quando vivi all'estero

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Scritto daHelena Delbecqil 04 Ottobre 2024

La cortesia può facilitare notevolmente le interazioni personali, soprattutto in un Paese straniero, ma è fondamentale conoscere gli usi e i costumi di ogni cultura. Se, ad esempio, un abbraccio può rappresentare un saluto caloroso in alcuni contesti, può essere percepito come inopportuno in culture che evitano il contatto fisico. Approfondiamo le varie regole della buona educazione, più o meno note, nel mondo.

L'arte di salutare con educazione

Chi, tra gli espatriati in America, non è rimasto spiazzato dal saluto: “Hi, how are you?" del commesso entrando in un negozio o del cassiere al supermercato? Se in Europa si limitano a un cenno del capo, dall'altra parte dell'Atlantico sembrerebbero interessati a sapere come stai. Ovviamente, è una domanda fine a sé stessa perché non cercano una risposta. Ma negli Stati Uniti, salutare le persone in questo modo è sinonimo di cortesia.

In Giappone c'è l'inchino (o-jigi) che genera qualche difficoltà tra gli stranieri sul come e quanto inchinarsi. In realtà, i giapponesi non si aspettano che un espatriato utilizzi questa forma di saluto, basta che inclini leggermente la testa. Tra di loro, invece, l'inchino è un'arte che va dall'informale al formale e trasmette tutta la gamma di rispetto dovuta a un determinato interlocutore. Non è strano che in azienda si faccia un corso di formazione per imparare come salutare nel modo giusto.

Naturalmente, nei Paesi asiatici non ci si saluta con i tre baci sulla guancia alla francese, e in alcune parti d'Europa, come in Germania, tra amici si preferisce una sorta di "abbraccio", un'abitudine riscontrabile anche tra gli americani. 

Negli Stati Uniti, la stretta di mano vigorosa è apprezzata ma, in alcune nazioni, mettere troppa energia è considerato scortese. In Turchia ci si stringe la mano in modo prolungato mentre in Marocco il gesto è breve e scambiato solo tra persone dello stesso sesso. 

Se dovessi espatriare in Tibet, non offenderti se qualcuno tira fuori la lingua per salutarti. Non ti sta prendendo in giro, tutt'altro! Questo gesto deriva da un'usanza atta a dimostrare che non sei la reincarnazione del crudele re Lang Dama (IX secolo) che, si dice, avesse la lingua nera. Ancora oggi i tibetani tirano leggermente fuori la lingua per salutare.

Rispetto degli spazi personali

Sei infastidito dalle persone che ti parlano troppo da vicino o che amano il contatto fisico? I ricercatori delle Università di Oxford e Aalto hanno dimostrato che per alcune culture, tipo quella brasiliana, il contatto fisico è un modo importante di mantenere le relazioni sociali. Il problema è che non tutti abbiamo la stessa tolleranza al contatto. 

Se, invece del Brasile vivi in Svezia, devi sapere che lo "spazio personale" è qualcosa da rispettare, anche tra amici stretti. Roger, un espatriato, dice che all'inizio aveva l'abitudine di avvicinarsi molto alle persone quando parlava con loro. Avvertendo un certo disagio nei suoi interlocutori, gli ci sono voluti un paio di mesi per capirne il motivo.(Reddit).

Quando si parla di orario, tutti conoscono la leggendaria puntualità di giapponesi, tedeschi e svizzeri. Sapevi che in questi Paesi ci si aspetta addirittura che arrivi un po' in anticipo? Questa regola vale soprattutto in ambito professionale. Samantha, un'inglese espatriata a Berlino, ricorda lo stupore dei suoi colleghi quando è arrivata "in orario" alla prima riunione di lavoro.
La puntualità, in certi contesti, è più di una semplice cortesia: in alcuni Paesi è un principio fondamentale e un segno di rispetto.

Ci sono altre culture dove, di contro, il concetto di tempo è piuttosto flessibile! In Messico, l'espressione "ahorita", che tradotta alla lettera significa "subito", può essere interpretata in modi diversi a seconda del contesto. A volte può significare tra pochi minuti, ma in altri casi può estendersi a ore... Lo stesso vale in Cina, dove “Mashang” (“subito” o “letteralmente a cavallo”) è un concetto di tempo più o meno elastico.

Educazione e comunicazione

In Cina, l'importanza della comunicazione indiretta e dell'espressione facciale sono cruciali, così come cita un proverbio cinese: “La faccia è per l'uomo ciò che la corteccia è per l'albero”. È tuo dovere tutelare l'espressione del tuo interlocutore, evitando di esprimere il tuo disaccordo in modo troppo diretto. Il concetto può assumere sfumature molto complesse.
In realtà, si tratta sia di "non far perdere la faccia" ma anche di dare importanza alla persona con cui si sta parlando facendole dei complimenti in pubblico, ad esempio.

Sarah, un' espatriata americana che lavora a Shanghai, scrive su Reddit che il fatto di elogiare i colleghi cinesi durante le riunioni, o di chiedere il loro parere sui vari progetti, non ha solo migliorato l'atmosfera in ufficio, ma l'ha anche aiutata a farsi accettare dal gruppo.

A differenza della Cina, la comunicazione indiretta non è una pratica diffusa in Giappone.

In India, soprattutto in ambito professionale, è comune ricorrere a delle allusioni per esprimere opinioni o dissensi, per preservare l'armonia fra colleghi ed evitare il confronto diretto. Il linguaggio del corpo, il tono di voce e le espressioni facciali giocano un ruolo importante nel decifrare i messaggi subliminali. Molti espatriati si saranno resi conto che un “forse” o un “vedremo” in realtà significano un rifiuto.

In molte culture, mentre si parla con qualcuno, si evita di rimanere in silenzio per non creare imbarazzo. Di contro, in Finlandia, il silenzio durante una conversazione è apprezzato e spesso visto come un segno di riflessione e di rispetto. Per i finlandesi, ogni parola ha un peso, e spesso le loro conversazioni includano pause di riflessione, considerando il silenzio una parte significativa della comunicazione.

Laura, un'espatriata canadese in Finlandia, ricorda la prima riunione con i colleghi finlandesi caratterizzata da lunghi momenti di silenzio dopo ogni intervento. Sul subito pensava che il suo contributo non fosse stato accolto con favore, poi si è resa conto che le pause significavano che i colleghi valutavano con attenzione ciò che aveva detto e che il silenzio era un modo per mostrare rispetto verso le sue idee.

Dai modi di ringraziare e salutare alle buone maniere a tavola o per strada, ogni cultura ha le sue modalità.

Regole di cortesia sulla strada

I pedoni devono fare attenzione: in alcuni Paesi non è garantito che le auto si fermino sulle strisce pedonali. Se questa è la norma in Svizzera, Giappone o Canada, non è lo stesso in Cina, dove è più probabile che gli automobilisti li schivino piuttosto che fermarsi. Nelle principali città cinesi, per fortuna, la modalità sta cambiando soprattutto grazie alle telecamere di sorveglianza, che inducono a fermarsi per far attraversare i pedoni.

Quando si guida, i fari che lampeggiano possono avere significati diversi, a seconda della nazione. Se in alcune si usano per ringraziare un altro automobilista, in altre indicano una pattuglia dei carabinieri nelle vicinanze, o si azionano per segnalare alla macchina davanti che va troppo piano. Può accadere sulle autostrade tedesche dove ci sono limiti minimi di velocità e ci si aspetta che gli automobilisti lascino rapidamente la corsia di sinistra dopo un sorpasso, o che non corrano troppo piano nella corsia centrale.

E il sorpasso a destra? Se la mossa, in Francia, può provocare una vigorosa suonata di clacson, in Cina o in India è relativamente comune. Anche l'uso del clacson varia molto: in alcune nazioni si suona a ogni pie' sospinto per vari motivi, in altre solo per indicazione una situazione di pericoloso o per attirare l'attenzione di un altro automobilista.

Concludiamo con una peculiarità: gli automobilisti parigini hanno la nomea di non essere troppo cauti mentre parcheggiano, e nelle manovre potrebbero accostarsi troppo al veicolo accanto dandogli qualche bottarella. Ma se dovessero fare una manovra del genere in Germania, è meglio che siano coperti da una buona assicurazione!

Vita quotidiana
A proposito di

Titolare di una laurea del Ministero dell'Istruzione francese e di un Master II in Politica linguistica, ho avuto l'opportunità di vivere in Giappone e Cina e attualmente risiedo in Germania. Le mie attività ruotano attorno alla scrittura, all'insegnamento e alla gestione di programmi.

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