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La sindrome della capanna: vi spieghiamo cos'è

geralt / pixabay.com
Scritto daFrancescail 27 Maggio 2020

La sindrome della capanna o del prigioniero è uno stato emotivo legato alla paura di uscire di casa. E' caratterizzata da ansia, panico, e confusione, tra gli altri sintomi.
Ne parliamo con la Dott.ssa Giuditta Petrella che ci spiega nel dettaglio di cosa si tratta, come riconoscere e gestire questo stato d'animo e come aiutare i figli a superare questa tempesta emotiva.
La Dott.ssa Giuditta Petrella è una psicologa e una psicoterapeuta. Si occupa di percorsi di psicoterapia rivolti all'adulto, alla coppia, alla genitorialità e all'età evolutiva.

Dopo la fine del lockdown si parla della sindrome della capanna e la paura di uscire di casa, di che cosa si tratta?

Con la fine del lockdown si è iniziato a pensare illusoriamente che la vita potesse ritornare alla normalità, al prima dell'esplosione del Covid-19. 
Questa pandemia ha portato ad un lungo periodo di isolamento; per alcune persone è stato faticoso e sofferente non poter uscire di casa e condurre la routine quotidiana mentre per altre è risultato confortante vivere tra le mura domestiche percependo la reclusione come un senso di protezione: un rifugio in un luogo sentito protetto.

La nostra attenzione si rivolge a coloro che si trovano ad affrontare l'uscita da questo spazio caldo e accogliente con la paura e il terrore del solo pensiero. Le emozioni che emergono sono ansia, panico, frustrazione, tristezza, confusione e se dovessimo dare un nome a questo fenomeno lo potremmo chiamare: “Sindrome della capanna o del prigioniero”. 
Un termine sconosciuto ma che oggi inizia ad assumere un significato importante, soprattutto per gli psicologi clinici. Secondo le stime della Società Italiana di Psichiatria (Sip) ne soffre oltre un milione di italiani.

La sindrome della capanna non viene classificata come un disturbo mentale ma una condizione che se non curata e sostenuta con il passare del tempo può portare ad una sofferenza psichica come la depressione o il disturbo post traumatico da stress.

Come riconoscere questo stato emotivo legato alla paura di uscire di casa?

I sintomi più comuni da considerare come un campanello d'allarme possono essere quelli legati ad emozioni come ansia, attacchi di panico, irritabilità, tristezza, angoscia, un senso di vuoto; altri ancora potrebbero avere la sensazione di persistente stanchezza anche se si continua a dormire, anedonia e senso di apatia. 
In questa fase di ripresa della “vita normale”, nell'animo di molte persone potrebbe emergere un senso di disorientamento nella ripresa dei contatti con il mondo esterno. 

Le paure sono molteplici: la fobia di contrarre il virus, lo sfiorare il pensiero di morte, la paura di contagiare i propri cari oppure il dover riprendere i ritmi frenetici abbandonati in questo periodo di reclusione; alcune persone hanno riscoperto la bellezza della vicinanza e dei legami con le persone care e il tempo passato in loro compagnia.
Un altro importante effetto che potrebbe portare la paura di uscire di casa è il pensiero di ritrovarsi in un mondo cambiato in cui vige l'obbligo di indossare la mascherina, il dover mantenere una certa distanza di sicurezza, ritrovarsi con una persona cara e non poterla abbracciare o semplicemente la quotidianità come andare al supermercato e fare a volte una lunga fila usando i presìdi di sicurezza. 

Tutte queste situazioni potrebbero creare sensazioni di “estraneità“ nel mondo facendo mancare quel senso di appartenenza che dava una sensazione di sicurezza della vita e lasciandone una di perdita della fiducia verso il futuro.

Come gestire questa tempesta emotiva?

Un primo passo per gestire questa situazione è riuscire a raggiungere una certa consapevolezza. Non sempre è facile saper leggere i campanelli d'allarme che avvisano del fatto che qualcosa non stia andando bene e che si sta vivendo un momento di malessere e disagio.
Una cosa è certa: non si può farcela da soli! In questo momento è importante non sentirsi soli e abbandonati, questo aiuta a ridare alla persona la fiducia in sè stessa e nel mondo; la speranza verso il futuro e la possibilità di poter ripensare al mondo e alle relazioni come un luogo familiare.
In questo processo di accettazione di una nuova realtà sarebbe importante far appello alla forza della resilienza che abbiamo dentro di noi.

Che cos'è la resilienza? È la capacità di auto ripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili.
Nel corso della vita accadono eventi negativi che potrebbero far soffrire, destabilizzare e far cambiare. La resilienza psicologica potrebbe essere percepita come la capacità di ritrovare dentro di noi delle nuove risorse e un nuovo equilibro arricchito da ciò che abbiamo vissuto. 
Non tutte le persone hanno la forza della resilienza ma potenzialmente tutti la possono possedere: l'aiuto di uno psicologo potrebbe sostenere e accompagnare in questo processo di riscoperta delle proprie forze senza che ci si senta soli.

La Sindrome della capanna la manifestano anche i bambini e gli adolescenti. Come aiutarli ad affrontare le loro paure?

Durante il periodo di reclusione dovuto al Coronavirus i bambini come gli adolescenti sono stati pensati poco dal sistema sociale. I genitori, con gli strumenti a loro disposizione, si sono dovuti rimboccare le maniche per aiutarli a sopravvivere in questa tempesta arrivata all'improvviso e che ha sconvolto la routine quotidiana con tutte le fatiche che questo comporta. Infatti si sono ritrovati dall'oggi al domani chiusi in casa con la conseguenza di dover sospendere bruscamente i legami con una parte di vita per loro importante: la scuola, le insegnanti, gli amici, le attività extra scolastiche e tante altre cose per loro significative.

In questo lockdown i bambini e gli adolescenti, a volte grazie all'aiuto dei genitori altre volte con i propri mezzi hanno dovuto cavarsela, ricostruendo una routine quotidiana fatta di nuovi rituali e schemi. Inoltre gli adolescenti, per cui è importante il rapporto con il gruppo dei pari per l'affermazione del proprio Sé e dell'identità, hanno fatto ricorso all'uso dei social per mantenere in vita questo bisogno vitale.
Quasi inconsapevolmente si sono ritrovati a vivere una nuova realtà per cui alla fine del lockdown potendo ritornare ad uscire, molti di loro si ritrovano con la sensazione di paura nell'andar fuori da quel luogo sicuro dato dalle mura domestiche: un posto che per diversi mesi li ha fatti sentire difesi da quel virus invisibile e spaventoso che ha alimentato le loro profonde e terrificanti fantasie.

Quali strategie può mettere in atto un genitore per aiutare il figlio a superare le paure e ricominciare a vivere?

Fondamentali sono la comunicazione e la rassicurazione, non bisogna far finta di nulla perché i bambini capiscono tutto. Spiegare sempre bene usando un linguaggio a loro comprensibile al fine di trasmettere un senso di tranquillità e serenità perché è importante infondere dentro di loro un senso di sicurezza.
Bisognerebbe accompagnarli dolcemente verso la nuova normalità facendo inizialmente delle piccole uscite in modo da mostrargli che con le giuste precauzioni non succederà nulla e piano piano aiutarli a riappropriarsi della fiducia verso l'ambiente. 

Per quanto riguarda gli adolescenti, in questo lungo periodo di reclusione si sono creati un loro mondo digitale che li ha connessi alla scuola, agli amici, ai parenti, ai giochi: il tutto all'interno della loro stanza. Il rischio che si incorre è che questo isolamento possa diventare qualcosa di piacevole e che possa trasformarsi in un ritiro patologico. Per evitare che questo accada e che l'isolamento diventi una barriera di protezione facente da scudo alle paure profonde, il compito dell'adulto sarebbe quello di invogliare il ragazzo ad uscire di casa e socializzare.

Il bambino e l'adolescente non devono essere lasciati soli ma accompagnati in questo processo di trasformazione della nuova vita nel riprendere passo dopo passo a vivere portando dentro di sé un'esperienza stressante ma non traumatica.
Importante è ascoltare le loro paure, preoccupazioni, ansie e aiutarli a sostenere le loro risorse interne e capacità personali.
 

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Faccio parte del team di Expat.com e sono la persona di riferimento per la comunità italiana. Ho una personalità comunicativa e proattiva, una vasta esperienza all'estero e competenze interculturali.

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