Adottando una politica zero COVID, il governo cinese era sicuro della propria capacità di sradicare completamente il virus dal territorio. Pechino mantiene ancora ufficialmente questa linea, pur riconoscendo che la sua politica è impopolare. I tre anni di isolamento hanno avuto pesanti conseguenze sia sul piano umano che su quello politico e probabilmente continueranno ad averne nei prossimi anni. La popolazione è sfinita. Sotto la pressione di manifestazioni senza precedenti, Pechino sta cedendo.
La Cina abbondona la politica zero Covid
Pechino ha finalmente allentato i controlli, e le organizzazioni internazionali hanno accolto con favore la decisione del governo. Il Presidente del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Kristalina Georgieva, ritiene che si tratti di un passo avanti importante per un Paese che, dal marzo 2020, è stato bloccato da una politica di "zero tolleranza" al Covid. Per Mathias Cormann, Segretario Generale dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), e Ngozi Okonjo-Iweala, Direttore Generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), l'alleggerimento delle restrizioni COVID è un segnale positivo per la comunità economica globale.
Fino a pochi giorni fa, Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare cinese, era ancora convinto che la sua politica zero-COVID fosse la migliore. Tale politica è stata pensata come scudo contro i Paesi occidentali, ripetutamente colpiti dalle ondate COVID e quindi considerati troppo lassisti nelle loro misure di prevenzione. Tuttavia, non ha tenuto conto del crescente stato di esasperazione della popolazione locale.
La Cina ha registrato un forte aumento dei casi di COVID all'inizio di questo mese, con oltre 40.000 nuovi contagi in 7 giorni, compreso un picco di 62.000 casi il 2 dicembre, rispetto ai 1.000 casi di novembre. Da allora, le infezioni sono diminuite in modo significativo. Il 92,4% della popolazione è stato vaccinato con una sola dose, il 90,2% ha fatto due dosi. Si tratta di un tasso di vaccinazione elevato, ma i contagi hanno continuato ad aumentare nonostante le drastiche misure di contenimento. La popolazione cinese è scesa in strada per protestare contro questa politica.
Il 7 dicembre, Pechino ha finalmente ceduto. Ha interrotto i test PCR su larga scala, ha permesso alle persone di isolarsi a casa in caso di Covid con decorso benigno, o asintomatico, e ha rivisto le procedure di isolamento. In precedenza, le persone che entravano in contatto con soggetti positivi venivano messe in un centro di quarantena, anche se asintomatiche. Le autorità cinesi hanno anche abolito il requisito di test PCR negativo per viaggiare da una provincia cinese a un'altra. Non sono più previsti nemmeno test all'arrivo.
Vaccinare gli anziani: una causa persa?
Secondo gli esperti, il basso tasso di vaccinazione è un problema che interessa soprattutto gli anziani. In Cina, meno del 70% degli over 60 è completamente vaccinato contro il Covid. Un terzo dei cinesi con più di 80 anni non è completamente vaccinato e la maggior parte preferisce la medicina tradizionale. Le autorità locali non sanno più come incoraggiarli a vaccinarsi. A differenza di altri Paesi, dove la vaccinazione degli anziani è stata il punto di partenza delle campagne di immunizzazione, la Cina si è concentrata prima sui lavoratori dei settori "ad alto rischio". Per gli anziani non c'era alcun obbligo di vaccinazione, e gli incentivi come voucher, generi alimentari gratis e così via, non hanno sortito grandi effetti. La politica zero-COVID ha paradossalmente reso le persone ancora più diffidenti nei confronti dei vaccini: "Che senso ha vaccinare tutti quando la maggior parte delle persone è in isolamento?".
Inoltre, i vaccini cinesi non godono di troppi favori presso una certa fascia della popolazione. Il caso del latte contaminato, nel 2008, che ha visto il ricovero in ospedale di circa 300.000 bambini, e la cattiva gestione della crisi da parte dello Stato (accusato di aver nascosto le informazioni) sono ancora impressi nella mente della gente. Ma non è l'unico scandalo sanitario che ha coinvolto la Cina; la popolazione non dimentica e diffida dei prodotti cinesi. Il vaccino anti Covid-19 non fa eccezione.
Rispetto ai vaccini a mRNA, quelli cinesi non tengono il passo. Ciononostante, Pechino continua a vietare i vaccini non cinesi, suscitando la preoccupazione della comunità internazionale nonostante gli studi a supporto. I vaccini cinesi hanno un'efficacia del 60%, mentre quelli a mRNA hanno un'efficacia superiore all'80%. E quando si parla di Omicron, le disparità sono ancora più notevoli. Di fronte a questi dati, gli anziani sono ancora meno propensi a farsi vaccinare.
"Quando è troppo, è troppo!"
Dopo quasi tre anni di implacabile politica zero-COVID, l'esasperazione è leggibile sul volto di quasi tutti i cinesi. Tutti si aspettavano un allentamento delle regole dopo il 20° Congresso del Partito Comunista, che si è tenuto dal 16 al 22 ottobre scorso. Invece, il governo ha adottato una serie di misure, ognuna più restrittiva della precedente. La popolazione si lamenta per i controlli massicci, eccessivi e illogici degli ispettori sanitari.
All'inizio di ottobre, alcuni cittadini rimasti anonimi hanno osato esporre striscioni contro il governo. Altri hanno colto l'occasione per gridare la loro ostilità verso un regime considerato scollegato dalla realtà. La protesta si è diffusa da una città all'altra e, dopo l'incendio del 24 novembre a Urumqi (nord-ovest del Paese), che ha causato la morte di 10 persone, ha assunto una dimensione senza precedenti La città è rimasta in lockdown per 100 giorni. Gli abitanti di Urumqi hanno protestato per le strade, chiedendo la fine delle restrizioni COVID, e questo esempio è stato seguito da città come Chengdu, Guangzhou, Wuhan, Shanghai e Pechino.
Il governo, convinto che la popolazione avrebbe protestato in sordina, e che non si sarebbe ribellata. sta fronteggiando una situazione complessa. Per Xi Jinping, rinunciare allo status zero-Covid significa perdere la faccia di fronte al suo popolo e al mondo, da qui la sua determinazione a non tirarsi indietro, tanto meno a cedere. Ma l'ostinazione a rimanere fedeli alla politica zero-Covid ha determinato un inasprimento delle proteste.
Nascono i ristoranti clandestini
Su Xiaohongshu (l'equivalente cinese di Instagram), giravano voci della presenza di ristoranti clandestini. Le informazioni si sono dapprima diffuse in maniera informale tramite passaparola, poi attraverso i social network. Anche se le restrizioni sono state allentate (le attività commerciali stanno iniziando a riaprire), molti ristoranti rimangono chiusi. Quindi, per poter trascorrere una serata rilassante, è stato necessario adottare il rimedio dei ristoranti clandestini.
Gli abitanti sono stanchi di doversi nascondere per prendere un aperitivo e incontrarsi con gli amici. I ristoranti clandestini sono di solito ubicati nel retro dei parcheggi, nascosti da uno o due edifici, e spesso non hanno finestre: quanto basta per godersi una serata in compagnia.
Per altri, la resistenza si fa in casa. Per sfuggire alla quarantena, un numero crescente di residenti ha deciso di non fornire più informazioni agli addetti ai controlli e si auto isola. Ora che il governo ha ufficialmente autorizzato l'auto isolamento domestico, i residenti sperano che le restrizioni del COVID diventino presto un ricordo.
Le restrizioni anti Covid sono giunte al capolinea?
Non prendiamoci in giro! Xi Jinping ha solo allentato la presa, ma la politica "zero Covid" è ancora in vigore. Non dimentichiamo che qui è in gioco la credibilità del PCC e del suo leader, quindi è probabile che le restrizioni rimangano in vigore ancora per un po'.
C'è poi il rischio che la Cina debba affrontare un'altra ondata di COVID senza precedenti. A differenza di altri Stati, alle prese con molteplici ondate e relative varianti, gran parte della popolazione cinese, compresi molti anziani, non è mai stata contagiata dal virus, nè dalle sue varianti.
Gli esperti ritengono che la variante Omicron, altamente contagiosa e diffusa a livello globale, possa sconvolgere il Dragone Rosso. A sostegno di questa teoria, i ricercatori hanno preso da esempio Hong Kong. Alla fine della politica zero COVID, a marzo, la provincia cinese ha subito un'ondata Omicron particolarmente letale (più di 10.500 morti).
In Cina, le vittime potrebbero essere 2 milioni e questo preoccupa non poco il governo, soprattutto ora che inizia il periodo delle Feste e le persone hanno voglia di incontrarsi, indipendentemente che sia loro concesso o meno. La domanda sorge spontanea: riusciranno a uscire indenni dalla politica zero Covid? Questa è la battaglia che Xi Jinping e il suo governo si trovano a combattere.