Molti nomadi digitali sono tornati nei loro Paesi d'origine durante la pandemia. Alcuni sono stati più colpiti di altri dalla nuova realtà economica, in particolare quelli che lavoravano nel settore dei viaggi. Come stanno affrontando i nomadi digitali questo cambio di stile di vita?
Circostanze legate al Covid-19
Alcuni nomadi digitali sono rientrati nel paese d'origine, sia in seguito all'ondata iniziale di Covid-19, nella prima metà del 2020, sia dopo l'inizio della campagna vaccinale, nel 2021. Va detto comunque che, anche durante i periodi di picco della pandemia, un certo numero di nazioni ha accolto nomadi digitali e viaggiatori, quindi non è stato completamente impossibile spostarsi negli ultimi tre anni.
Tuttavia, per coloro che desiderano viaggiare e lavorare da remoto, è sempre stata un'ignognita evitare le ondate di Covid-19 e le restrizioni che ne derivavano. Chi ha continuato a lavorare e a vivere all'estero ha optato per soggiorni più lunghi di quelli fattiin precedenza, a causa delle restrizioni all'ingresso, dei requisiti per i test PCR e della quarantena.
La maggior parte dei nomadi digitali che avevano intrapreso questa via prima del 2020, è tornata a casa, concedendosi qualche viaggio occasionale se, e quando, la situazione lo permetteva. A parte la questione etica secondo cui uno stile di vita in continuo movimento non è il modo più responsabile di affrontare una pandemia globale, fare base in un paese ha facilitato il loro accesso all'assistenza sanitaria e alla campagna vaccinale.
Ritorno a casa: la testimonianza di un nomade digitale
Matt D'Avella, un documentarista originario di Philadelphia, negli Stati Uniti, ha deciso di intraprendere la strada del nomadismo digitale insieme alla compagna, Natalie, direzione Sydney. Hanno venduto la maggior parte delle loro cose, disdetto l'affitto del loro appartamento a Los Angeles, per vivere una vita più tranquilla in Australia. In retrospettiva, non rimpiangono la scelta, anche se sul loro canale YouTube affermano che non è stata "né il modo più facile né più economico di vivere". Hanno anche parlato di alcune difficoltà incontrate nell'ottenere assistenza medica. "Il mondo non è stato creato per le persone che vivono da nomadi digitali. Per quanto riguarda il sistema sanitario australiano, non avevamo nè i documenti richiesti nè un'assicurazione. Non avevamo nemmeno un indirizzo fisso perché vivevamo in un Airbnb".
Dato che i genitori e gli amici di Natalie sono australiani, il vero motivo del viaggio a Sidney era riunirsi alla famiglia. A causa delle difficoltà incontrate durante il soggiorno, sono dovuti tornare in America. Per entrambi, la parte più difficile del rientro, è stata lasciare gli affetti. "Abbiamo cercato di trovare la nostra strada come nomadi digitali. Ci abbiamo provato, ma c'erano diverse cose che non ci piacevano. Se avessimo saputo che saremmo tornati, non avremmo venduto tutte le nostre cose. Ci siamo pentiti di alcune decisioni prese in passato".
Matt e Natalie hanno deciso di comprare un nuovo appartamento a Philadelphia. In un futuro da definirsi hanno intenzione di affittarla e di tornare a vivere a Sydney.
Non tutti i nomadi digitali tornano a casa
Paul, che preferisce non dire il suo cognome, è un nomade digitale americano che vive in Giappone da qualche anno. Lavora a distanza per un'azienda giapponese. Come dice lui stesso, si gode lo stile di vita che il nomadismo digitale gli offre: "Mi piace il fatto di poter lavorare da diverse postazioni, in giro per il paese".
Non pensa di tornare negli States a breve, e dice di essere soddisfatto del suo percorso fino ad ora. Paul risiede a Osaka, ma preferisce lavorare a Okinawa e Hokkaido. Sebbene non abbia riscontrato problemi in nessun luogo, dice che in alcuni posti, soprattutto nelle campagne, la connessione internet è scarsa. Di solito si sposta affittando una camera su Airbnb o soggiorna in hotel o ostelli economici. Evita di dormire negli hotel a capsule (sistemazione in uno spazio molto ridotto): "Anche se sono super economici, molti di loro non hanno uno spazio condiviso per lavorare, anche se ci sono delle eccezioni alla regola".
Per quanto riguarda le restrizioni legate al Covid-19, Paul è felice che il Giappone abbia finalmente aperto le frontiere. "Molti dei miei amici vogliono venire a trovarmi e, onestamente, mi mancava imbattermi nei turisti!".