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Immigrazione: una soluzione a breve termine alla crisi demografica?

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Scritto daAsaël Häzaqil 02 Maggio 2023

Si tratta di una crisi che si trascina da decenni, ma di cui si parla poco. Messa in ombra dai dati sulla disoccupazione, dai tassi di crescita o dai tassi di inflazione, la crisi demografica minaccia le economie. Questo vale soprattutto per l'Unione Europea, l'Australia, il Canada, il Giappone e la Corea del Sud. Servono giovani per sostenere la crescita di oggi e di domani. Le grandi potenze sono in competizione per attrarre talenti stranieri. L'immigrazione è la soluzione alla crisi demografica?

Crisi demografica: dal "baby flop" al "baby crash"

Inizialmente la colpa è stata attribuita al Covid-19. Nel 2020, il tasso di natalità è crollato. Fino a -8% nei Paesi dell'Unione Europea, -4,7% in Sudafrica, -4% negli Stati Uniti, -3,8% in Israele e Algeria, -3,7% in Australia e -3% in Canada. Si è parlato di "baby flop a livello mondiale". Sebbene alcune nazioni stiano ora registrando un aumento delle nascite, la situazione a livello globale resta preoccupante.

La mobilità internazionale è in ripresa, grazie a politiche molto attive, come in Canada, dove il governo sta stendendo il tappeto rosso ai talenti internazionali. Terra storica di immigrazione, il Canada è a corto di manodopera. Senza lavoratori stranieri, non ci sarà crescita economica né demografica. L'equazione è semplice, ma non piace a tutti. Negli Stati Uniti, la politica di Trump ha limitato non solo l'immigrazione illegale, ma anche quella legale. Sebbene il Presidente Biden abbia riaperto la questione con un'ambiziosa riforma, gli effetti della politica di Trump, combinati con la crisi sanitaria, hanno spinto il Paese verso un'ulteriore stagnazione demografica, che investe la maggior parte delle nazioni e non accenna a fermarsi.

La lezione della Corea del Sud

L'esempio della Corea del Sud mostra l'impatto del declino demografico sulla crescita economica e come uno Stato possa agire per mitigare tale impatto attraverso l'immigrazione. Per gli esperti, la Corea del Sud, da qui al 2050, non sarà più tra le 15 economie mondiali più importanti. A sostituirla saranno l'Indonesia e la Nigeria, grazie soprattutto a una popolazione numerosa, giovane e attiva. Una fonte vitale di crescita.

Una crisi demografica che fa paura

La Corea del Sud è a rischio estinzione? Questo è ciò che emerge da altri studi, che indicano tassi di natalità in costante calo: 1,05% nel 2017, 0,98% nel 2018, 0,92% nel 2019, 0,84% nel 2020, 0,81% nel 2021 e 2022. Si tratta di cifre allarmanti, secondo la Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE), che sottolinea che il tasso minimo per mantenere la demografia di un Paese è del 2,1%. L'aspetto più grave è che un tasso inferiore all'1% può portare a un calo delle nascite del 50% in trent'anni. A questo ritmo, nel 2750 la Corea del Sud potrebbe scomparire.

La Corea del Sud sta pagando le conseguenze di una politica di controllo sulle nascite, introdotta negli anni '60 quando il tasso di fertilità era del 6%, che sosteneva "se continuiamo ad avere figli, resteremo nella miseria". Il messaggio è passato in modo chiaro. Il tasso di natalità è sceso drasticamente negli anni '80 (2,1% nel 1983), ma la politica di limitazione delle nascite è stata messa in discussione solo nel 2005. Ad oggi, il tasso di natalità è dell'1,08% e continuerà a diminuire. 

L'immigrazione come soluzione per rilanciare la crescita

Per il governo di Han Duck-soo, la soluzione si chiama "immigrazione". A partire dagli anni 2000, lo Stato ha lanciato diversi programmi per facilitare l'accesso alla residenza permanente. Nel 2004 ha aperto le porte ai lavoratori stranieri poco qualificati. Il Paese manca di manodopera nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, della piscicoltura e dell'industria manifatturiera, settori considerati "duri" e "sporchi" da molti giovani sudcoreani (è così ancora oggi). Il soft power dell'hallyu (onda coreana) attrae i giovani stranieri. Per loro, sono stati lanciati il visto K-pop e il visto per nomadi digitali. Il governo incoraggia anche i matrimoni internazionali (il matrimonio è in caduta libera dagli anni '90) e investe nell'accoglienza degli stranieri attraverso centri di assistenza e corsi di lingua coreana gratuiti. Per gli espatriati, le opportunità sono varie.

Resta però ancora molto da fare. Una parte della popolazione è contraria all'aumento dell'immigrazione. Gli espatriati in Corea del Sud riferiscono di episodi di razzismo. All'inizio del 2021, il chatbot Lee Luda (un software che simula ed elabora conversazioni umane) è stato fortemente criticato per i suoi commenti razzisti, sessisti e omofobi. Il chabot ha avuto un successo improvviso (oltre 700.000 utenti di età compresa tra i 10 e i 30 anni). Scatter Lab, l'azienda coreana che lo ha creato, lo ha dovuto ritirare dal mercato nel gennaio 2021. Anche il governo sembra contraddirsi. Nonostante la revisione della legge sulla doppia cittadinanza (2011), solo 149 stranieri l'hanno acquisita nel 2020, a causa dei criteri di ammissibilità troppo rigidi. 

Lotta globale per attrarre talenti stranieri

La Corea del Sud ha urgente bisogno di rilanciare la sua crescita. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze stima che quest'anno la crescita sarà pari all'1,6%, in ribasso rispetto al 2,5% del giugno 2022. Il vice Ministro delle Finanze Bang Ki-seon ammette che: "Il rallentamento dell'economia è in atto [...]".

La crescita sta rallentando anche altrove: si attesta intorno all'1% negli Stati Uniti, allo 0,3% in Germania (che ha evitato per un pelo la recessione), allo 0,7% in Francia... Tre Paesi, assieme a molti altri, che contano sull'immigrazione per rilanciare la propria crescita economica.

In Canada, questa misura fa parte del funzionamento stesso del Paese. Il piano di immigrazione 2022-2024 prevede 447.055 nuovi residenti permanenti quest'anno e 451.000 entro il 2024. A luglio, l'Australia ha previsto di estendere i visti di lavoro agli studenti stranieri con una laurea, un master o un dottorato di ricerca (annuncio fatto in autunno del 2022). Al termine degli studi, chi ha conseguito una laurea triennale potrà rimanere in Australia per altri 4 anni, che salgono a 5 e 6 anni per i titolari di una laurea specialistica e di un dottorato. Il Giappone ha da poco annunciato (lunedì 24 aprile) che potrebbe estendere il visto di lavoro ad altri professionisti qualificati, senza limitazioni sulla durata del soggiorno. La Germania sta lavorando a una riforma dell'immigrazione per attirare più talenti stranieri. La Finlandia ha lanciato un programma che mira ad accogliere 50.000 stranieri entro il 2030, poi 10.000 all'anno.

Progressi da fare

Sebbene tutti questi Paesi necessitino di manodopera, la questione resta controversa. In Francia, parlare di immigrazione suscita sempre grande dibattito. Momentaneamente oscurato dalla problematica legatata alla riforma delle pensioni, il progetto di "controllare l'immigrazione e migliorare l'integrazione" riemerge sempre con lo stesso ritornello: "rafforzare le regole", "controllare", "integrare". In particolare, si prevede di regolarizzare i lavoratori senza documenti per inserirli nei settori che hanno più bisogno (edilizia, ristorazione, ecc.). Ma c'è poco spazio per la questione umana, deplorano le associazioni per la difesa degli stranieri. Per loro, la Francia sta sbagliando. La proposta di legge sarebbe troppo "meccanica" e non terrebbe conto degli "esseri umani" che non sono lì per fare "il lavoro sporco", ma per costruire "un progetto di vita in Francia". In fin dei conti, l'integrazione è un processo bidirezionale.

Che futuro ci aspetta?

La crescita demografica ed economica passa attraverso l'immigrazione, ma questa soluzione va combinata ad altre misure altrettanto indispensabili. La lotta al razzismo e alla discriminazione ha meno visibilità rispetto alle questioni economiche però è altrettanto importante così come la difesa dei diritti delle donne, la necessità di costruire strutture per l'infanzia e di ridurre la povertà tra gli anziani. 

Per gli analisti, gli Stati dovrebbero tenere conto anche di altre questioni. Perché anche "quando tutto va bene", i giovani non vogliono più sposarsi o mettere su famiglia. Più pessimisti rispetto alle generazioni precedenti, non hanno più gli stessi ideali. È anche in questo ambito che i governi devono agire.

A proposito di

Ho una laurea magistrale in Giurisprudenza - Scienze Politiche e un diploma del Japanese Language Proficiency Test (JLPT) N2. Ho lavorato come addetta alla comunicazione. Ho oltre 10 anni di esperienza come web copywriter.

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