Steffy, originaria di Napoli, ha lasciato l'Italia nel 2016 per trasferirsi in Svezia con la famiglia. Appassionata di scrittura, è autrice di diversi blog e pagine sui social media. Ha creato anche una Onlus per ottenere fondi da investire in attività per bambini con bisogni educativi speciali e soprattutto bambini autistici. In questa intervista ci racconta i motivi che l'hanno spinta ad espatriare con i figli e ci parla della sua vita all'estero.
Raccontaci un po' di te, da dove vieni e quanto tempo fa hai lasciato l'Italia?
Vengo dal Sud Italia, precisamente da Napoli ed ho lasciato l'Italia nel luglio del 2016. Siamo partiti con molte valigie e tante speranze, all'inizio è stata dura. Sono partita con i miei cinque figli, quattro ragazze e un maschietto che allora aveva solo cinque anni. Il papà ci ha accompagnato ma poi dopo una settimana è subito ritornato in Italia.
Quali sono i motivi del tuo espatrio in Svezia?
Il motivo principale è stato il voler dare un futuro migliore a tutti i miei figli. Mi spaventava non poco l'idea di condurli al termine dei loro studi, anche universitari, se fosse stato possibile pagarli per tutti, e poi accorgermi che sarebbero comunque rimasti fuori dal mercato del lavoro. Sarebbero stati costretti ad espatriare forse, e allora ho deciso di farlo con loro ma anni prima.
Qual è stata la prima sensazione che hai provato dopo il trasferimento?
La prima sensazione è stata la calma, aiutati dal silenzio che ci circondava. Per il primo anno abbiamo abitato in un piccolo villaggio in Skåne. Era tutto a misura di bambino e i miei figli erano liberi di gironzolare ovunque anche con il buio. Eravamo tranquilli.
Hai avuto difficoltà di adattamento e come le hai superate?
Si certo, le difficoltà di adattamento sono state tante e molteplici. Prima di tutto la lingua. Ora la parlo e direi che me la cavo, ma all'inizio non è stato facile. Inoltre socialmente non è stato semplice avere contatti con altre persone. Gli svedesi sono tendenzialmente introversi. Molto gentili e cordiali ma poco socievoli.
Di cosa ti occupi?
Io sono un'insegnante di danza e coreografa ma ho potuto lavorare in questo modo ben poco in Svezia. Qui non c'è molta cultura della danza. Perciò mi sono rimessa a studiare, non solo svedese ma anche altre materie, per poter essere più preparata al mercato del lavoro svedese. Ho lavorato nelle scuole come sostituta diverse volte, anche grazie alla mia competenza riguardo i bimbi con bisogni educativi speciali.
A livello burocratico, quali sono le prime cose che un espatriato deve fare dopo il trasferimento in Svezia?
In primis cercare una residenza, un contratto di affitto. Avere un contratto di lavoro è altrettanto fondamentale. Se si proviene dall'Italia bisogna richiedere all'ASL il modello S1 per l'assistenza sanitaria che però è difficilissimo da ottenere. Con tali documenti si può andare allo Skatteverket (agenzia delle entrate svedese) e richiedere un personnummer ovvero un codice fiscale svedese. Senza quello, si è un fantasma. È fondamentale.
Vivi in Svezia da qualche anno. Per aiutare le persone che stanno per trasferirsi, c'è qualcosa che consigli di fare prima dell'espatrio come ad esempio imparare la lingua, trovare lavoro o casa?
Ciò che consiglio vivamente è prima di tutto venire qui con un po'di soldi da parte. I primi tempi sono duri. Poi imparare la lingua prima, anche se difficile, è sicuramente una buona mossa. E più di tutto cercare di ottenere un contratto di lavoro subito o anche prima di partire.
Che impatto ha avuto l'emergenza sanitaria del coronavirus sulla tua attività professionale e sulla tua vita quotidiana?
In Svezia l'emergenza Covid non è stata trattata come in molti altri paesi. Non siamo andati in lockdown ma si è utilizzata la tecnica del distanziamento sociale. Personalmente ho interrotto le lezioni di danza con il mio gruppo di studenti e siamo stati in quarantena a casa. La nostra situazione familiare era particolare perché ho un soggetto a rischio in famiglia.
Ti piace molto scrivere ed è per questo che hai creato diversi gruppi su Facebook. Ti va di parlaci dei vari argomenti che tratti in ognuno?
Si con piacere! In verità scrivo da sempre ed uno dei miei desideri è quello di riuscire a diffondere un po' del mio senso letterario prima o poi. Per adesso mi diletto in diverse attività artistiche e ne tengo traccia tramite i miei blog e le mie pagine facebook. “10 minuti con Steffy” è il mio blog personale dove chiacchiero di diversi temi, personali e meno personali, tramite il quale spero di essere in parte di aiuto a chi mi ascolta.
“Blueyogadancer” è un blog che riguarda la mia attività di yoga di cui parlo anche su Instagram con un account che ha lo stesso nome.
“Empathy for Children” è una pagina che descrive le attività della Onlus che ho aperto in Svezia nel 2018 cercando di andare in aiuto alle famiglie con bambini con bisogni speciali.
Ma quello a cui sono legata di più è “I run with Dayson/Io corro con Dayson” dove racconto le vicissitudini del mio bimbo speciale in Svezia e la forza che cerchiamo di avere nel vivere un giorno alla volta in questo immenso mare che è l'autismo.
Hai creato una Onlus per bambini con bisogni speciali. Come si chiama l'associazione e qual è il suo obiettivo?
L'associazionesi chiama “Empathy for Children” ed è una Onlus i cui proventi vengono donati per attività gratuite a bambini con bisogni speciali e soprattutto bambini con autismo. Empathy esplica le sue attività in vari modi come attività a pagamento per bimbi neurotipici, mercati artigianali, mercati culinari e così via.
Che approccio terapeutico offre la Svezia alle persone con autismo? Che strategie di intervento propone il sistema scolastico svedese per aiutare i bambini autistici nel loro sviluppo?
Devo dire che il mio primo approccio col sistema svedese riguardo l'autismo non è stato dei migliori. Sono andata via dall'Italia consapevole di non poter più pagare le terapie necessarie a mio figlio e speravo di trovare una soluzione qui ma il tutto è stato molto sorprendente e molto diverso. Partiamo da un presupposto. Qui in Svezia ogni regione funziona a modo suo e quindi ogni comune propone il proprio approccio alla condizione in questione. Noi abbiamo vissuto per quasi quattro anni in Skåne ed ora ci siamo trasferiti in Värmland. Entrambe le regioni non offrono approccio terapeutico ma so per certo che in Stoccolma è molto diverso. Ma non è questo il punto cruciale perché è proprio la scuola la vera terapia. Il sistema scolastico svedese consente pause di rilassamento, ambienti protetti, materiali puliti e adatti, spazi all'aperto, attività varie con qualsiasi tempo meteorologico che sono di per sè terapia per un bimbo autistico. Noi non abbiamo avuto sempre fortuna con la scuola in Svezia ma posso dire che dovunque mio figlio ha avuto un'insegnante di sostegno e ha raggiunto autonomie insperate. Certo non tutto è oro quel che luccica ed il lavoro compartecipe del genitore è fondamentale ma mio figlio non fa terapia da sei anni ormai, legge e scrive in due lingue, ama la matematica e ha una capacità di visualizzazione digitale superiore ai bimbi della sua età. Purtroppo le sue difficoltà di linguaggio rimangono ed anche quelle sociali, ma confido che nella nuova scuola, con la sua classe di soli nove bimbi ed una insegnante presente ed amorevole, faremo passi da gigante.
Hai dei consigli da dare per aiutare altri genitori con bambini che hanno bisogni speciali?
Il mio consiglio è di non pensare che il trasferimento possa essere la soluzione. Come ho già detto non sempre ci è andata bene qui in Svezia. Io sono fermamente convinta che al di là dei luoghi, delle culture e delle nazioni sono le persone a cambiare il mondo. Se incontri la persona giusta, la fortuna gira e la strada è un po' più in discesa. L'autismo va preso un giorno alla volta con pochi progetti e tanto lavoro ogni momento possibile.