Panico pochi giorni dopo l'apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Pechino. La "bolla sanitaria" non impedisce ai focolai epidemici di filtrare. Per i locali e gli espatriati, questo significa più test, più controlli, più restrizioni. Le frontiere restano chiuse. Stallo per gli scambi internazionali, siano essi commerciali che didattici. Sempre più stranieri mettono in discussione la loro permanenza sul territorio. L'esodo degli espatriati è vicino?
Espatriati in Cina: tra preoccupazioni e delusioni
"Mi sveglio ogni mattina sperando che andrà tutto bene. Ma la verità è che quello che sta succedendo ci colpisce tutti. Sono diventato padre, non ho ancora visto mio figlio e soffro terribilmente", ha confidato Thony a Sébastien Berriot, giornalista di France Info. A capo di una società commerciale a Wuhan, questo 27enne congolese dà lavoro a sei persone. Dal punto di vista professionale, gli affari gli vanno molto bene. Dal punto di vista personale, la pandemia ha cambiato tutto. Thony non ha mai visto suo figlio, nato in Congo nel bel mezzo della crisi sanitaria. La politica zero Covid della Cina pesa come un macigno sullo stato mentale dei residenti. Gli espatriati stanno pensando di andarsene. Ma sarà possibile tornare in Cina? "Sì, ma non è semplice", fa sapere Yann. Rientrato in Francia, suo paese d'origine, all'inizio della pandemia, ha lasciato un'attività molto ben avviata a Wuhan. Parrucchiere, serve una clientela prevalentemente francese. Gli ci sono voluti quasi due anni prima di poter riavere il visto. E' riuscito a tornare in Cina qualche settimana fa e sta già avendo dei problemi. “I clienti stranieri sono diminuiti di quasi il 70%. La rotta si è invertita, ora la maggior parte della mia clientela è cinese".
Gli abitanti di Wuhan, locali ed espatriati, sono stati, e restano, particolarmente segnati dalla pandemia: additati nel proprio Paese e a livello internazionale, sottoposti a drastici confinamenti dall'inizio dell'emergenza sanitaria… Anche se la vita ha ripreso il suo corso, è difficile voltare completamente pagina.
Gli studenti internazionali sono colpiti in egual misura dalla politica zero Covid della Cina. Park Kyung-su, una giovane coreana di 22 anni, avrebbe dovuto studiare all'università di Zhejiang (provincia dell'est della Cina). Tornata a casa per le vacanze invernali, ha iniziato a seguire le lezioni da remoto. E' volata di nuovo in Cina in novembre 2021 e ha testimoniato al South China Morning Post: "Ho deciso di tornare all'università perché mi sono resa conto che vivere all'estero è parte integrante del mio percorso accademico. Quando ho parlato con i miei amici rimasti a Hangzhou, mi hanno detto che tutto era tornato alla normalità, intesa come convivere con il Covid-19. Così ho deciso di tornare”.
Park è fortunata perché la Cina, a luglio 2020, ha firmato un accordo che consente agli studenti coreani di tornare in Cina. Nonostante ciò, il processo è stato complicato. "L'università ci ha detto che molti studenti cinesi da tutto il paese erano tornati al campus e che sarebbe stato meglio che gli studenti internazionali venissero più tardi, quando la situazione fosse stata più tranquilla", fa sapere un altro studente sudcoreano.
Tom, un espatriato americano, aveva ottenuto il lavoro dei suoi sogni in Cina e si era trasferito con la famiglia. Poco dopo è scoppiata la pandemia e hanno deciso di lasciare il Paese. Durante il periodo in cui i confini sono stati chiusi, è rimasto negli Stati Uniti. Grazie all'aiuto delle autorità cinesi è riuscito ad avere un permesso di ingresso, ma solo per lui. La moglie e i figli non l'hanno ottenuto. "Sono partito nella speranza che nel giro di qualche mese tutto si sarebbe risolto ma non è stato così. Mi sono davvero demoralizzato", ha raccontato Tom alla stampa americana. Alla fine, si è trasferito in Thailandia, dove la famiglia l'ha raggiunto dopo un anno che non si vedevano.
Impatto della politica "zero Covid" sulla vita degli espatriati in Cina
Nel novembre 2021, durante la celebrazione della "Nuova Era" del Partito Comunista Cinese (PCC, fondato nel 1921), Xi Jinping sottolineava che la Cina stava gestendo la situazione meglio di qualsiasi altro Paese allora colpito dalla variante Delta. Analizzando la situazione in superficie, l'innalzamento del Pil di oltre l'8,1%, poteva indurre a pensare che avesse ragione. Questa cifra, però, recupera di fatto il forte rallentamento del 2020 (+2,3%) proseguito nel 2021. Secondo Ker Gibbs e Alan Beebe, presidenti delle Camere di Commercio americane di Shanghai e Pechino, "la politica zero Covid nuoce al commercio internazionale e allontana gli espatriati".
La Cina si è sviluppata rapidamente grazie al duro lavoro e alle doti imprenditoriali del popolo cinese, ma anche l'apertura verso l'esterno ha giocato un ruolo importante", analizza Gibbs in un articolo pubblicato sul Financial Times. Gli esperti parlano di un esodo degli espatriati e di una riduzione drastica degli studenti internazionali. Secondo la Camera di Commercio americana a Shanghai, il 53,4% delle aziende afferma che le restrizioni anti-Covid le rendono meno appetibili agli occhi dei professionisti internazionali. Il 45,1% ha aggiunto che la situazione attuale ha avuto un impatto negativo sulle loro attività.
Per Gloria Luo, la crisi sanitaria e le restrizioni stanno allontanando i clienti. Addetta alle vendite per un produttore di ricambi auto e stampi industriali nel Guangdong, si trova a fare i conti con l'inflazione. “I prezzi delle materie prime e i costi degli stampi per autoveicoli sono saliti alle stelle. E questo assorbe la maggior parte dei profitti", dice. A ciò si aggiungono le relazioni deleterie con i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti. "E' come se, dall'anno scorso, le aziende cinesi di stampaggio auto abbiano improvvisamente perso tutta la loro competitività. Molti clienti europei e americani ora si orientano verso la Corea del Sud o l'Europa", ha detto Gloria Luo al quotidiano SCMP. A suo dire, in Cina sono rimaste solo 4.000 aziende di stampaggio auto, rispetto alle 9.000 del 2019.
Per Kibbs, "è evidente che la popolazione espatriata sta diminuendo di giorno in giorno". Spiega a Stéphane Lagarde, giornalista di Radio France International (RFI): "Dobbiamo considerare due fattori. Primo, per più di 18 mesi, è stato complicato per le famiglie degli espatriati ritornare in Cina. Il Covid ha quindi avuto un forte impatto sulla vita dei professionisti che hanno dovuto vivere per molto tempo lontano dagli affetti. Secondo, il declino è iniziato prima dell'epidemia e mi chiedo se il governo cinese sia davvero interessato alla presenza degli espatriati in Cina".
La Cina può davvero fare a meno degli espatriati? A fronte delle restrizioni sanitarie ancora in corso, molti credono che stia seguendo il modello di Singapore: sostituire gradualmente i talenti internazionali con quelli locali. Nel marzo 2021, Josephine Tao, allora Ministro del Lavoro a Singapore, esortava le aziende a favorire la forza lavoro locale. Se i cittadini cinesi ricoprissero alte posizioni manageriali, il governo potrebbe mantenere un controllo più saldo.
C'è futuro per gli espatriati in Cina?
Il governo cinese corre ai ripari dando risalto agli espatriati che si sono ben integrati nel Paese. Tra loro c'è Ismail Daurov, uno studente kazako che in un'intervista alla stampa locale ha detto: "Mi sono offerto volontario nella città di Xi'an nella lotta contro il Covid-19. Sono uno straniero, non un estraneo". Di questo studente, lo scorso 25 gennaio, il Presidente cinese Xi Jinping ha parlato anche durante un discorso tenuto per commemorare il 30° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Cina e cinque Stati dell'Asia centrale. "I giovani rappresentano il futuro di questa nazione”, ha detto. Pechino sembra sempre più determinata a esercitare la sua influenza in tutte le sfere della società.