Ciao Michela, grazie per averci concesso quest'intervista. Sei laureata in lingue orientali e giurisprudenza ed ora vivi a Hyogo in Giappone. Ti va di dirci qualcos'altro su di te e sui motivi che ti hanno spinta al trasferimento?
In realtà avevo già un lavoro in Italia in uno studio legale, ma l'attività di ricerca è sempre stata il mio sogno, purtroppo quasi irrealizzabile (o realizzabile con molte rinunce) in Italia, per cui quando mi è giunta voce di un'offerta di lavoro come professore in Giappone non potevo non provare. Chiaramente non è facile lasciarsi alle spalle il proprio paese, la famiglia, gli amici e tutto il resto, ma lo vedo come un passo importante per il mio sviluppo personale.
Lavori ancora come traduttrice di manga? Ci potresti spiegare più nello specifico in cosa consiste questa tua attività?
Sì. Si tratta di un'attività molto semplice: la casa editrice, o chi per lei, mi incarica della traduzione di alcune serie, che generalmente seguo fino alla fine. Quando una serie si conclude è solitamente la casa editrice stessa, o chi per lei, a propormene una nuova. Il lavoro si svolge ormai interamente al computer, dato che sia i documenti in lingua originale sia la traduzione in lingua italiana sono ormai trasmessi in formato digitale. Lavoro con diversi mesi di anticipo rispetto alla pubblicazione poiché la mia traduzione dovrà essere poi adattata (da un editor), inserita nei disegni (da un grafico) e sottoposta a vari controlli di qualità. Il lavoro di traduttore ha il pro ed il contro di poter essere svolto sempre e dovunque. Non ci sono orari, ma soltanto scadenze, ed il rispetto delle tempistiche editoriali spesso strette, soprattutto negli ultimi anni (in cui si tende a rincorrere le uscite giapponesi per contrastare la diffusione delle cosiddette scanlation su internet e proporre dunque materiale effettivamente inedito), lo ha reso, a mio parere, un po' stressante. Ha però, per me, l'importantissimo merito di costringermi a leggere moltissimo giapponese!
I tre aspetti del Giappone che più ti affascinano...
La gente, la storia, la natura.
...e quelli invece a cui non ti sei ancora abituata!
La burocrazia, i disastri naturali (terremoti, tsunami, tifoni e chi più ne ha più ne metta), il clima (ma dipende molto da dove si vive).
Qual'è stato l'aspetto più difficile da sormontare legato al trasferimento? Magari cercare casa, integrarsi nella comunità, la burocrazia...potresti raccontarci un po' la tua esperienza?
Il problema più grande è che il Giappone, ahimè, non è un Paese per stranieri.
Neanche a farlo apposta, la maggior parte delle cose, anche le più semplici, richiedono specifiche formalità che per un giapponese sono più o meno normali, mentre per uno straniero costituiscono un discreto incomodo, se non un ostacolo insormontabile.
Un esempio? In Giappone per firmare i documenti non si usa di solito la firma, ma il cosiddetto "hanko", un sigillo apposito con il proprio cognome. Uno straniero, avendo chiaramente un nome non giapponese, è costretto ad acquistare un sigillo ad hoc, che richiede giorni per essere preparato. Poi, per esempio, per poter usare il telefono cellulare è necessario stipulare un contratto con una compagnia telefonica (la durata minima è di solito di 2 anni e se si recede anticipatamente bisogna pagare una sanzione), la quale però vi chiederà propabilmente le coordinate di un conto corrente bancario giapponese per i pagamenti. Se però non avete un numero di telefono giapponese riconducibile univocamente a voi non potete aprire un conto in banca! In realtà molto spesso la soluzione a questi loop si trova, ma bisogna riuscire a trovare, prima di tutto, un povero commesso disposto ad ascoltarvi ed a perdere almeno un'ora telefonando qua e là per capire se la soluzione che avete ponderato è fattibile.
L'ultimo grosso problema è sicuramente quello della casa. Se non si conosce il giapponese la maggior parte delle opzioni sono spropositatamente costose (rispetto a quelle accessibili ai giapponesi). Anche la casa prevede un contratto minimo di 2 anni ed è necessario controllare la presenza di eventuali penali, preavvisi e quant'altro. I giapponesi chiedono generalmente, oltre alla caparra, il cosiddetto "reikin", cioè una specie di caparra che non verrà mai restituita, a titolo di "ringraziamento per il proprietario", di solito corrispondente a tre mensilità, ma a volte superiore. Inoltre, le case vengono fornite solitamente vuote, dunque è necessario acquistare dai fornelli alle tende, al frigorifero, alla lavatrice, al tavolo della cucina, alle sedie, per poi buttar via (o, si spera, rivendere) tutto quando si va via. Esistono anche (poche) case ammobiliate, ma i prezzi salgono nuovamente, ed inspiegabilmente, alle stelle (costa molto meno comprare effettivamente i mobili, a meno che non si rimanga in Giappone soltanto per due, tre mesi). Infine, per prendere in locazione un appartamento è quasi sempre necessario il famigerato "hoshonin", cioè un garante (ovviamente giapponese), che per i giapponesi è di solito un genitore e per chi lavora è a volte un soggetto all'interno dell'impresa stessa, ma se non c'è si è costretti a scovare i rari appartamenti che non lo richiedono oppure a chiedere a ciascun proprietario se è disposto a rinunciarvi.
Per quanto riguarda, invece, integrarsi nella comunità, per fortuna gli abitanti di Kobe, che è pur sempre collocata nel Kansai, regione del Giappone famosa per la qualità del cibo e la simpatia dei locali, sono tendenzialmente molto aperti e curiosi nei confronti degli stranieri, e cercano subito di farti sentire "parte del gruppo", che è una cosa molto importante nella cultura giapponese.
Nella vita di tutti i giorni ti rapporti ad una realtà abbastanza diversa da quella in cui sei cresciuta. La lingua, il clima, il cibo...come hai imparato a conviverci?
Mah, avendo studiato giapponese all'università e vissuto in Giappone, per periodi limitati, in passato, non si è trattato di un impatto particolarmente sconvolgente. La lingua è senza dubbio l'ostacolo maggiore, se non la si conosce, perché praticamente tutto (a parte le indicazioni sui mezzi di trasporto) è scritto in giapponese. Io adoro la cucina giapponese, quindi da questo punto di vista non ho avuto problemi. Tra l'altro, a pranzo, i prezzi dei ristoranti sono eccezionalmente bassi se comparati a quelli italiani e questo permette di gustare l'ottima cucina locale senza dissanguarsi. Certo, la storia cambia quando si tenta di acquistare le "materie prime" al supermercato, perché ci vuole tempo per imparare a riconoscere i vari prodotti. Se proprio non si sa più cosa fare c'è sempre il mitico ramen (tagliolini cinesi) instantaneo! Il clima di Kobe, per lo meno nella zona in cui vivo io (sotto al monte Rokko), è molto particolare perché la vicinanza dei monti lo rende estremamente variable (non è raro che vi siano pioggie torrenziali, ma brevi, seguite da sole, caldo e cielo sereno). Per il resto, bisogna soltanto sopportare la perenne umidità giapponese, essendo nata a Ravenna ed avendo vissuto a Venezia, entrambe città molto umide, non sento granché la differenza.
Qual'è il modo migliore per cercare alloggio a Hyogo: consultare siti immobiliari on-line, annunci sui quotidiani...cosa ci consigli?
Consiglio di cercare un po' sui siti immobiliari on-line e poi visitare le agenzie che vendono gli immobili che più fanno al caso vostro. In Giappone si affitta (quasi) esclusivamente tramite agenzia e come ho detto prima la ricerca della casa è forse una delle questioni più complesse per via dei vari (forse troppi) paletti che vanno a colpire soprattutto gli stranieri. Poi, vi consiglio anche di far presente la questione a tutti i vostri conoscenti giapponesi. Forse vi potranno aiutare!
Come giudichi il costo della vita a Hyogo?
Medio-basso. Molti prodotti si trovano a prezzo più basso rispetto all'Italia (per esempio, gli articoli per la casa, ma anche gli stessi mobili, gli elettrodomestici, il cibo), ma bisogna anche considerare che prima di trasferirmi qui vivevo a Milano, che non è decisamente una città economica. Ovviamente, poi, bisogna saper cercare (si può spendere moltissimo se non si sta attenti).
Com'è la tua giornata tipo?
Sveglia alle 7.30, doccia, colazione, università (le cose da fare cambiano ogni giorno, generalmente sono nel mio studio a fare ricerca, a meno che non ci siano degli eventi che mi interessano o delle lezioni), ritorno a casa quando ho finito (l'università non chiude mai), cena leggera, eventuale lavoro di traduzione. Di solito non pranzo, a meno che non abbia appuntamenti con qualcuno della facoltà, perché altrimenti il pomeriggio ho sonno e non riesco a lavorare. Il fine settimana faccio un po' di turismo, passeggiando per Kobe o visitando altre città.
Progetti per il futuro...ti piacerebbe magari fare un'esperienza in qualche altro Paese estero?
Per il momento no! Il mio unico progetto è fare bene questo lavoro e tornare prima o poi in Italia per fare l'esame da avvocato!
Con il senno di poi, c'e' qualcosa/una situazione legata al trasferiemento che magari organizzeresti od affronteresti diversamente?
In realtà no. Ero sufficientemente preparata e le questioni più spinose non sono risolvibili senza essere fisicamente presenti in Giappone. Forse preparerei meglio la valigia, ma considerato che non mi piace fare i bagagli (forse perché ho dovuto farli troppe volte), non credo potrei migliorare molto...