Ho avuto il piacere di entrare in contatto con la Dott.ssa Emanuela Brusadelli, psicologa e psicoterapeuta individuale e di gruppo.
In questa intervista ci fornisce strumenti utili per gestire ansia e malessere provocati dal lutto di una persona cara e ci spiega quanto sia importante che impariamo a prenderci cura di noi stessi e dei nostri stati d'animo quando attraversiamo un momento di stress emotivo.
La Dott.ssa Brusadelli ha lavorato per molti anni in Italia, sia in ambito pubblico che privato, portando avanti numerose collaborazioni con altri professionisti della salute mentale. Oggi vive e lavora in Australia. Lecturer in Psicologia Clinica presso l'Università di Wollongong, una città costiera che dista una quarantina di miglia da Sidney, è membro della Society for Psychotherapy Research, della Society for Personality Assessment e della Society for Psychoanalysis and Psychoanalytic Psychology. È supervisore di psicologi in training ed esperta di psicodiagnostica.
Noi espatriati stiamo attraversando un momento destabilizzante. A causa della diffusione del coronavirus siamo impossibilitati a viaggiare e nel caso in cui un nostro parente si ammalasse, o morisse, dovremmo gestire la situazione a distanza. Assistere impotenti alla perdita di una persona cara senza poterle dare l'ultimo saluto è lacerante ed è quindi cruciale saper gestire questo stato d'animo per evitare gravi ripercussioni sul nostro stato psico-fisico. Leggete di seguito i consigli della Psicologa.
Che ripercussioni può avere uno stato di allarme sanitario globale sulla salute mentale delle persone?
Si tratta senza dubbio di una situazione nuova, e come tale, tutte le novità (belle o brutte che siano) ci pongono di fronte a vissuti di incertezza e quindi di tensione.
Non avendo mai vissuto niente del genere, sentiamo di non avere punti di riferimento per leggere quello che sta accadendo e per controllare la situazione, e così le nostre paure e preoccupazioni non trovano un contenitore per essere elaborate e rassicurate.
Inoltre, il non sapere quando tutto questo finirà attiva maggiormente il nostro sistema di allarme, che è impegnato a gestire nel tempo le risorse che abbiamo a disposizione.
Devo resistere, ma per quanto?
Il fatto che sia in gioco la salute di tutti ha poi un impatto forte sul nostro modo di vedere noi stessi, poichè di solito la maggior parte delle persone si occupa della propria salute solo quando non si sente bene. Per il resto del tempo, ci muoviamo come macchine, immerse nei nostri tanti impegni, con una scarsa considerazione della fragilità dell'essere umano. È questo l'aspetto che aumenta il senso di irrealtà che percepiamo di questa situazione, perche queste cose si vedevano solo nei film! Pertanto, ci troviamo a pensare a noi stessi in un modo che non abbiamo mai avuto prima e che ci spaventa, perchè ci fa sentire che non è vero che siamo intoccabili e indistruttibili come credevamo.
E non è cosa facile da accettare. In piu, il fatto che questo problema sia ovunque ci fa sentire un po' in trappola perchè ci impedisce di mettere in atto la nostra più primordiale strategia di difesa che è quella della fuga.
Dove posso scappare questa volta per salvarmi?
Fare i conti con questi vissuti è difficile per chiunque, soprattutto per coloro che sono abituati a spostarsi di frequente nel mondo. Ed ecco allora quanto diventa importante il prendersi cura di se stessi e dei propri stati d'animo, anche per chi non ne è molto pratico. Ma vi garantisco che la fatica di prestare attenzione a voi stessi e alle vostre emozioni, e fare cose che vi fanno sentire bene vi ripagherà sia nel presente che nel futuro, evitandovi lo sviluppo di fastidiosi sintomi.
In che modo l'isolamento forzato può minare lo stato emotivo dell'individuo e che strategie possiamo adottare per fronteggiare l'insorgere di stati di ansia o malessere?
Purtroppo gli studi sull'isolamento forzato non sono incoraggianti perchè mostrano una associazione tra la durata dell'isolamento e i livelli di distress (inteso come lo stress negativo che incide sul nostro benessere, a differenza di quello positivo cosiddetto eustress). Oltre a questo aspetto, in una recente review (Brooks et al., 2020), emergono come altri aspetti che rendono ancora più complicato lo stare in casa (stressors) siano la paura di venire infettati e/o quella di infettare altri; sentimenti di isolamento dal resto del mondo, noia e frustrazione; non avere adeguate fonti di sostentamento (come acqua, cibo, vestiti o un luogo non confortevole dove stare); l'assenza di chiare informazioni e linee guida da parte degli enti implicati nella salvaguardia della salute pubblica, con le persone che si sentono di dover prendere difficili e importanti decisioni per sè e/o i propri cari senza avere a disposizione tutte le conoscenze sulla situazione.
Tuttavia ci sono delle strategie che possiamo adottare. In primis, valutare ogni possibile miglioramento che possiamo fare ai nostri spazi domestici per poter stare meglio, cercando ad esempio di creare e/o preservare degli spazi privati solo per voi stessi/e se siete a casa con altre persone, o di rendere meno opprimente la casa in cui si vive se siete da soli.
Lo stesso vale per il nostro tempo. Ritagliarsi del tempo per sè è fondamentale per prendersi cura di se stessi, così come utilizzare la tecnologia per stare connessi con le altre persone, evitando di isolarsi emotivamente dagli altri. Inoltre, è importante mantenere una routine che consenta di scandire le giornate, caratterizzando ogni giorno della settimana da una attività specifica, così da non perdere il senso del tempo.
In questi momenti, per quanto sia difficile, è importante concentrarsi sul qui e ora più che sul futuro. E non dico che sia semplice, ma spesso usiamo le nostre capacità di pianificazione e progettazione come modi per controllare i nostri stati ansiosi riguardo al futuro. Tuttavia, la situazione appare talmente incerta sotto così tanti punti di vista, che ora questa modalità rischia solo di portare via energie preziose e di aumentare il distress.
Ponetevi, quindi, obiettivi ridotti, raggiungibili e a breve termine, che vi permettano di costruire mattone dopo mattone una solidità che vi servirà certamente nel futuro.
In questo particolare momento storico tutto è fuori controllo e si avverte un forte senso di incertezza. Che consigli può dare ad una persona che vive un lutto per ricostruire la propria identità dopo la morte di una persona cara?
Vivere il lutto di una persona cara in una situazione come questa porta con sè un accentuato senso di irrealtà e la fatica a sentire ed elaborare il fatto che il proprio caro sia morto per davvero. Questa sensazione può accadere anche in un contesto di normalità, in particolare quando la persona defunta viveva lontana.
Quello che si può fare è controllare quel poco che è possibile, di fronte a un evento come la morte, così fuori controllo e a cui non si riesce mai a dare una spiegazione.
In altre parole, possiamo avere un ruolo attivo pensando in primo luogo a come sancire nella nostra mente e nella nostra storia personale la morte della persona cara. Ciò è possibile attraverso un rito che permetta di elaborare il lutto. Di solito, questa funzione viene assolta dai funerali, ma in questo contesto che fare? Ognuno di noi è unico, e in quanto tale può scegliere quale rito personale vuole mettere in atto, anche sulla base della relazione che aveva con il proprio caro che è venuto a mancare e ai sentimenti che prova.
Tutto è lecito: scrivere una lettera mettendo nero su bianco le parole che avreste voluto dir loro, disegnare (utile per bambini e ragazzi ma non solo), ascoltare canzoni, cucinare dei piatti particolari che ricordano il defunto (valgono anche dei tentativi che esitano in disastri culinari), qualsiasi atto che abbia un significato per voi stessi e che vi permetta di sentire che cosa la persona cara vi ha lasciato come eredità all'interno della propria identità.
Tutte le persone che per noi sono importanti e significative occupano un posto nel nostro mondo interno. Ce ne accorgiamo in mille modi: quando riconosciamo qualcuno di loro nei gesti che facciamo, o quando ci vengono in mente improvvisamente sentendo un profumo.
Questo è ciò che ci permette di averle con noi per sempre e di sentirle incastonate come parti della nostra complessa identità. Di questo meccanismo le persone che vivono lontane dai propri affetti potrebbero essere più consapevoli.
Quali sono le ripercussioni psicologiche causate dal non poter fare visita ad un nostro caro nei giorni che precedono la morte?
Quando non è possibile fare visita al prorio caro nei giorni che precedono la morte, la sofferenza e l'angoscia per quello che sta succedendo sono accentuate, e al senso di irrealtà si uniscono altri forti sentimenti, come il senso di colpa e la rabbia.
Il senso di impotenza potrebbe essere schiacciante, con ripercussioni sul benessere non solo psichico ma anche fisico. Tuttavia, aiutarci a ricordare che gli impedimenti attuali sono oggettivi e non dipendono in alcun modo da noi è importante. E che la morte non è mai qualcosa che siamo in grado di accettare.
Non esiste un momento giusto in cui perdere qualcuno di importante. A questo proposito, ancora una volta i riti ci vengono in aiuto, preparando sta volta noi stessi al lutto che sta per avvenire: recuperate dalla memoria i bei ricordi che avete del vostro caro, ciò che rende quella persona importante per voi, e come poterla far vivere dentro di voi per sempre.
Fondamentale a questo proposito tenere a mente anche che vi sono persone che fanno fatica a sentire, maneggiare e accettare tali sentimenti, costantemente ingaggiate in un braccio di ferro con se stesse che le porta a "fare finta di niente" e pensare di dover semplicemente andare subito avanti dopo la morte della propria persona cara "come se niente fosse". In questo caso, il rischio di ripercussioni a lungo termine sul proprio benessere psico-fisico è elevato.
Noi expat viviamo una situazione particolare perchè, anche volendo, in questo momento non possiamo viaggiare. Come gestire il senso di colpa ed impotenza generato dal fatto che non possiamo andare a trovare un parente in punto di morte e dare un ultimo saluto?
Il senso di colpa e di impotenza sono estremamente comuni in generale quando le persone si trovano ad affrontare la morte di una persona cara.
"Avrei potuto fare di più'" è un mantra che si sente spesso. Tuttavia, è importante stare attenti a questa trappola mentale in cui rischiamo di cadere perchè fa apparire come se niente di quello che facciamo o abbiamo fatto sia abbastanza. Noi non possiamo combattere la morte, neanche se siamo operatori sanitari. Ma ciò che possiamo fare è dare il meglio di noi in tanti modi diversi: onorando la persona cara che sta morendo, sostenendo gli altri familiari (in particolare gli adolescenti se coinvolti), raccontando di lei, aiutando altre persone dai modi più semplici (ad esempio chiamando qualcuno che sappiamo essere in difficolta' a casa da solo) ai più complessi, sentendo di poterci rendere utili per altri.
Queste sono considerazioni che valgono per tutti, vicini e lontani. Attualmente, infatti, stiamo assistendo a un paradosso legato a questa situazione, ossia che le distanze fisiche sembrano aver perso la loro importanza. Tutti, stranamente, condividiamo più o meno le stesse problematiche e simili stati d'animo, indipendentemente dal Paese in cui ciascuno di noi si trova, facendoci sentire paradossalmente tutti piu' vicini.
Possiamo cogliere questo come un momento per accorgersi di quanto la vicinanza interiore ed emotiva sia di gran lunga più forte, duratura ed importante di quella fisica, e che ognuno può trovare il proprio modo di dare l'ultimo saluto al proprio caro che viene a mancare da qualsiasi distanza.
Data l'impossibilità del momento di organizzare un funerale per dare l'ultimo saluto al defunto, quali forme alternative ci consiglia di adottare per condividere il nostro dolore ed elaborare il lutto?
La ritualità per gli esseri umani è essenziale per elaborare il lutto, e il funerale è il più classico tra i riti esistenti per aiutare le persone in questo difficile compito.
Come fare senza?
Il consiglio in una situazione come questa è quella di fare qualcosa quando succede, concentrandosi nel qui e ora, senza pensare di rimandare a quando si potrà.
Aspettare e far passare del tempo, infatti, rischia di rendere ancora più complicata l'elaborazione del lutto lasciandovi immersi in emozioni forti e difficilmente tollerabili.
La creatività ci aiuta a questo scopo (e se pensate di non averla chiedete consiglio a qualcuno, o prendete spunto dalle opzioni che ho riportato sopra).
Raccontate ad altri della vostra persona cara che è venuta a mancare, del ruolo che ha avuto per voi. La condivisione è un aspetto centrale: condividete il dolore e tutte le altre emozioni che vi attraversano con tutti i mezzi che avete a disposizione, tecnologici e non.
Quali sono i sintomi di disagio a livello fisico e mentale, causati da un lutto non elaborato, a cui dobbiamo fare attenzione ed in presenza dei quali è consigliato rivolgersi ad uno specialista?
Ci sono situazioni in cui purtroppo il lutto può diventare patologico.
In generale, vi è sempre un impatto del lutto sul nostro benessere psico-fisico e sociale, e la sua elaborazione dipende da molti fattori legati all'entità della perdita, alla storia dell'individuo e alle sue caratteristiche personologiche, nonchè al contesto in cui è inserito.
Si parla di Disturbo da Lutto Persistente e Complicato quando i vissuti negativi come tristezza, colpa, invidia, rabbia (tutti sentimenti normalmente connessi a un lutto) si protraggono per un periodo superiore ai 12 mesi per gli adulti (6 mesi per i bambini), con persistenti ruminazioni relative alle circostanze in cui la morte è avvenuta, e spesso sintomi somatici (ad esempio problemi legati al sonno, inappetenza o abbuffate, apatia, facile faticabilità, condotte disfunzionali quali uso di droghe o alcool).
In questo caso chiedere aiuto a uno specialista è fondamentale poichè questo tempo considerevole segnala che il lutto del nostro caro non è stato elaborato e accettato, e che appare impossibile per la persona andare avanti.
A tale proposito è importante sottolineare che accettare non vuol dire dimenticare ma fare spazio nella propria mente per poter progressivamente recuperare il senso della propria vita che di fronte ad alcuni lutti sentiamo venire a mancare, con la sensazione che niente abbia più senso e senza più alcun aspetto positivo.