Bruno Antoine, un esperto di mobilità internazionale, parla con Expat.com del futuro dell'espatrio dopo il COVID-19. È specializzato in diverse destinazioni del sud-est asiatico.
Ci spieghi come si è evoluta la domanda di professionisti che cercano opportunità all'estero dall'inizio della crisi?
Sorprendentemente, il flusso di candidati che aspirano ad una carriera internazionale non si è arrestato, è solo un po' rallentato. I candidati con cui mi rapporto sono consapevoli della difficoltà del percorso ma, sopratutto quelli che hanno dimestichezza con l'espatrio, non hanno perso la speranza. Sanno che un progetto del genere richiede tempo perchè la richiesta di un visto di lavoro è una procedura complessa. Ad ogni modo, una ricerca a livello internazionale non implica che si astengano da cercare impiego anche nel paese d'origine.
Cosa potrebbe frenare i professionisti nel loro progetto di espatrio?
Non posso negare che molti candidati si interroghino sulle prospettive disponibili a livello internazionale, soprattutto ora che le frontiere sono chiuse e non c'è certezza sulla data di riapertura. Questo significa che alcuni di loro ci pensano due volte prima di considerare un trasferimento all'estero. La pressione sociale, la prospettiva di non avere più diritto al sussidio di disoccupazione, e la forte concorrenza a livello internazionale, li stanno portando verso una ricerca a livello locale, a discapito del progetto di espatrio.
Il cambiamento più importante lo noto nei candidati che hanno già lavorato all'estero e che sono quindi consapevoli delle sfide che ciò comporta. La loro incertezza, pur acuendosi durante il lockdown, non aveva del tutto affievolito la speranza che la situazione migliorasse all'inizio di settembre. Purtroppo, l'estensione delle chiusure delle frontiere, da est a ovest, da sud a nord, ha avuto la meglio sulla loro determinazione.
Quali fattori pesano maggiormente sulla bilancia quando si considera un espatrio?
Per alcuni candidati decisi ad emigrare, la scelta cade, ad oggi, su destinazioni non lontane da casa. Ad esempio, per i professionisti in Francia, l'Europa offre un ambiente sicuro, che non li vincola ad un visto di lavoro. La mobilità è facilitata all'interno dell'Unione Europea. Le vicende di espatriati, o studenti, bloccati in Australia e in America Latina, sono ancora impresse nella memoria di tanti aspiranti espatriati che oggi prediligono destinazioni più “sicure” e meno esotiche.
I candidati, alla luce di questa crisi, hanno preso coscienza dell'importanza della solidarietà e del ruolo cruciale delle istituzioni che li rappresentano e tutelano all'estero. Per questo motivo è necessario registrare, in arrivo, la propria presenza al Consolato, senza dimenticare di entrare in contatto con i vari gruppi online nati per aiutare, fornire informazioni e sostenere un inaspettato rientro.
Ti occupi di Vietnam, Malesia e Polinesia francese. Come cambierà l'interesse verso queste destinazioni dopo la crisi del COVID-19?
Difficile da dire. Il Sud-est asiatico ha ancora un enorme potenziale. Ricordo che il giorno dopo il lockdown, un'analisi di CEOWORLD ha indicato la Malesia come uno tra i dieci al mondo dove fare investimenti nel periodo post-COVID. Il Vietnam è stato nominato "la migliore economia dell'ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) nel 2020". L'Oceania non perde il suo primato di "destinazione dei sogni" malgrado il duro prezzo che sta pagando a causa del crollo dell'industria turistica.
L'economia è una scienza molto aleatoria quindi preferisco non azzardare previsioni sul mondo del lavoro nell'era post-COVID.
Quali saranno i profil più ricercati in un prossimo futuro?
Credo che questa crisi sanitaria non cambierà radicalmente il tipo di profili ricercati a livello internazionale, anche se ogni paese ha il suo mercato di nicchia e le sue specificità. Parlo di candidati altamente qualificati in ambito di sviluppo aziendale, IT, e-commerce, medici ed ingegneri. Questi esperti, oltre alle loro competenze, sono dotati di un capitale umano che li rende appetibili sul mercato internazionale: capaci di adattarsi in un ambiente multiculturale, sono innovativi, generalmente bilingui e molto autonomi. Ciò non impedisce anche ad altri professionisti di trovare un impiego. Parlo di cuochi, panettieri, sommelier e di altri profili con una preparazione tecnica ed una specializzazione (acquacoltura, logistica ecc.).