L'economia europea sta affrontando delle sfide: le recenti stime di Bruxelles indicano una crescita dello 0,6%, in calo rispetto allo 0,8% di qualche mese fa. Il rallentamento è attribuibile alla recessione che sta colpendo diverse nazioni europee. La Commissione Europea ammette inoltre l'impatto della carenza di manodopera, cercando di implementare nuove misure per attrarre lavoratori da Paesi terzi.
I lavoratori extracomunitari in soccorso dell'economia europea
Nel luglio 2023, la Commissione Europea ha presentato il suo rapporto sull'occupazione e gli sviluppi sociali in Europa (ESDE). Secondo le conclusioni dello studio, l'economia europea ha retto bene nel complesso, nonostante un anno 2022 segnato dalla guerra in Ucraina e dalla crisi inflazionistica. Il tasso di occupazione ha addirittura raggiunto il "massimo storico" del 74,6%, mentre il tasso di disoccupazione rimane "storicamente basso" al 6,2%. La percentuale di posti di lavoro vacanti si aggira intorno al 3% (dati Eurostat).
La Commissione europea avverte che i cittadini dell'UE non bastano a coprire i posti di lavoro vacanti. Il livello di assunzioni intraeuropee rimane basso: appena il 14% delle PMI (piccole e medie imprese) dichiara di avvalersi di forza lavoro dall'estero. L'invecchiamento della popolazione aumenta la pressione sul mercato del lavoro. Il rapporto ESDE osserva una carenza di manodopera in diversi settori, indipendentemente dal livello di competenze e qualifiche. I settori più colpiti nel 2022 sono stati quelli delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), delle scienze, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (STEM), dell'edilizia e della sanità.
Secondo le proiezioni della Commissione Europea, la carenza di manodopera tenderà a peggiorare nei prossimi anni. Ciò è dovuto ai pensionamenti e al calo della popolazione in età lavorativa, che passerà dai 265 milioni del 2022, ai 258 milioni del 2030. Per la Commissione Europea si tratta di una questione urgente. Il 15 novembre ha presentato nuove proposte per attirare i lavoratori extracomunitari e facilitare l'immigrazione legale.
Combattere le lungaggini amministrative
Secondo quanto affermato da Margarítis Schinás, Vicepresidente della Commissione europea responsabile per la migrazione: "... c'è troppa burocrazia, e questo è un deterrente per i lavoratori provenienti da Paesi terzi che devono fare i conti con il riconoscimento delle loro qualifiche professionali". Annunciando le nuove misure della Commissione, il Vicepresidente ha affermato che la burocrazia porta allo "spreco di cervelli". È prevista una misura legislativa per semplificare le procedure amministrative per gli espatriati extra UE. Diversi Stati, tra cui la Germania, hanno infatti riformato le loro leggi sull'immigrazione per semplificare le procedure di rilascio dei visti.
Facilitare il riconoscimento delle qualifiche
Un'altra punto da migliorare è il riconoscimento delle qualifiche. A causa di procedure amministrative farraginose, è difficile per gli espatriati non europei vedere riconosciute le proprie competenze e qualifiche. Sebbene tutte le competenze siano ben accette, la priorità viene data alle professioni che scarseggiano (sanità, edilizia, ecc.). L'Unione Europea (UE) chiede di semplificare il riconoscimento delle qualifiche, anche se non ha ancora specificato quale forma assumerà questa semplificazione.
Creare una piattaforma di reclutamento dedicata ai lavoratori extracomunitari
La Commissione Europea parla di una "carenza endemica", un vero e proprio freno alla crescita europea. Per facilitare l'incontro tra domanda e offerta, l'UE punta sulla creazione di una piattaforma di reclutamento. I datori di lavoro pubblicheranno le loro offerte di lavoro su questa piattaforma. I lavoratori extraeuropei potranno candidarsi online. La piattaforma servirà anche come "bacino di talenti" a cui potranno attingere gli Stati membri dell'UE. I lavoratori extracomunitari e i richiedenti asilo che si trovano già nell'UE non rientreranno in questo gruppo. Per combattere lo sfruttamento dei lavoratori stranieri, la Commissione richiederà la sospensione dei datori di lavoro che non rispettano la legislazione europea e nazionale. Il controllo sui datori di lavoro, in ogni caso, dovrebbe spettare agli Stati membri.
Riforma del permesso unico
Introdotto nel 2011, il permesso unico è un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo (massimo 2 anni) che consente ai cittadini extracomunitari di lavorare in un Paese dell'UE. Per rendere il permesso unico più competitivo, il Parlamento europeo ha proposto, nella primavera del 2023, di semplificare le procedure e, soprattutto, di ridurre i tempi di elaborazione da 4 mesi a 90 giorni. Alcuni deputati hanno addirittura proposto una riduzione a 45 giorni. Il Parlamento europeo chiede inoltre che il permesso unico non sia più legato a un datore di lavoro, ma che i lavoratori stranieri siano liberi di cambiare impiego. Questi ultimi dovrebbero inoltre mantenere il permesso anche in caso di disoccupazione (per un massimo di 9 mesi). I negoziati per riformare il permesso unico e rendere più facile l'assunzione di lavoratori extracomunitari sono ancora in corso.
Reazione delle imprese e dei sindacati
Secondo Euroactiv, una testata indipendente specializzata in questioni europee, le imprese hanno accolto abbastanza favorevolmente le proposte della Commissione europea. I sindacati, invece, sono preoccupati e sottolineano la mancanza di misure concrete per combattere lo sfruttamento dei lavoratori. Come verranno monitorate le aziende? Quali saranno le sanzioni previste? Temono inoltre misure che incoraggino l'assunzione di lavoratori extraeuropei a costi sempre più bassi. I sindacati ribadiscono che i lavoratori extra UE devono avere gli stessi diritti di quelli europei. Chiedono alla Commissione di migliorare le sue misure.