Graziella e la sua esperienza da expat a Parigi....

Interviste agli espatriati
  • Graziella a Parigi
Scritto da Expat.com team il 09 gennaio, 2014
Graziella ci racconta: "Tutti hanno il diritto di essere, vivere ed esprimersi in questa città. La cultura è declinata in tutte le sue forme, viene incoraggiata,valorizzata e resa alla portata di tutti"

Ciao Graziella, grazie per averci concesso quest'intervista. Ti va di parlarci un po' di te e dei motivi che ti hanno portata a Parigi?

Sono davvero contenta di poter parlare un po' della mia esperienza da expat, magari può essere d'aiuto a chi è ancora in Italia ed è titubante o a chi è già all'estero per sentirsi un po' meno soli. Forse quella che mi fai è la domanda più difficile, declinata in molte forme, che viene rivolta a chi se ne va dall'italia. Penso che i motivi che ti mettono in cammino lasciandoti casa tua alle spalle siano più o meno per tutti gli stessi: il lavoro che in Italia purtroppo scarseggia e la voglia di cambiamento. Detta così però a mio parere è un po' troppo semplicistica. A voler essere onesti il lavoro in Italia c'è, ma o non è pagato o è ultrasottopagato (500 euro al mese per una persona più che qualificata sono un insulto), e a quasi 30 anni non riuscivo più a vivere da lavoratrice ancora mantenuta dai genitori, così ho deciso di cogliere l'occasione al volo e provare a vivere per un po' all'estero e "vedere l'effetto che fa". Premetto che io sono stata avvantaggiata: lavoro in un'azienda di consulenza italiana ma i nostri clienti sono quasi esclusivamente all'estero. All'inizio questa cosa è stata un notevole aiuto nel mio viaggio. Poi io sono un po' un'anima inquieta e ad un certo punto ho sentito il bisogno irrefrenabile di riempire una valigia e affrontare una nuova sfida, vedere e conoscere posti nuovi, non solo a livello lavorativo ma anche e soprattutto a livello umano. Sono nata in un paesino minuscolo, 3000 anime a voler essere generosi e contando anche cani e gatti, e confrontarti con una città come Parigi non è affatto facile ma è anche molto stimolante.

I tre aspetti di Parigi che più ti affascinano...

Penso che si possa sintetizzare tutto in tre parole, che non sono Liberté Égalité e Fraternité, ma tolleranza, cultura e educazione. La compresenza di stili, modi, culture e persone che vivono accanto, insieme, si mescolano e si influenzano senza distruggersi. Questa estrema multiculturalità che riesce a vivere bene all'interno dello stesso fazzoletto di terra mi affascina. Poi per carità le persone che odiano la diversità ci sono anche qui, ma ad una concentrazione molto ridotta. Tutti hanno il diritto di "essere", vivere ed esprimersi in questa città. La cultura è declinata in tutte le sue forme, viene incoraggiata, valorizzata e resa alla portata di tutti. Penso che siano ben poche le città che possano vantare una così alta concentrazione di musei, biblioteche, centri studi, poli culturali. Tutto lo scibile umano trova un angolino dove viene accolto, curato, aiutato ad esprimersi. Questo porta alla terza cosa che adoro: educazione. Da queste parti si investe moltissimo nei ragazzi, nel futuro della nazione. Ovunque si trovano percorsi culturali mirati per i ragazzi di qualsiasi fascia d'età, spazi appositi per imparare giocando, aree verdi e campi super attrezzati dove poter giocare in ogni quartiere, anche quelli più popolari e disagiati. Le scuole e le università hanno ottime strutture, moderne, attrezzate e funzionali. Questo significa occasioni per i ragazzi di sviluppare al meglio le loro capacità e di emergere. Arricchisce non sono l'individuo ma l'intera comunità. Purtroppo un modo di pensare anni luce lontano da quello italiano.

...e quelli invece che proprio non sopporti!

Parigi è indubbiamente una città bellissima ma è anche caotica, difficile, stressantissima, puzzona e con un tempo atroce. Da siciliana all'inzio abituarsi soprattutto alla puzza e al tempo è stata un'impresa ardua. Si, lo so che sembra una cosa un po strana riferita alla città dell'amore e degli innamorati, ma vi assicuro che è così . E la burocrazia? Ne vogliamo parlare? La Francia è uno dei paesi più scartoffiomani del mondo, superato solo da noi Italiani, ça va sans dire!

Scrivi anche un blog " Eyes Madly Open", quand'è che hai cominciato a scriverlo e qual'è il motivo principale che ti ha spinta a farlo?

All'inizio del 2012 ho cominciato a fare la girovaga per l'Europa, principalmente Francia e Germania con brevi soste a Roma e a Londra, poi sono stata in California e infine mi sono trasferita in Francia. Come potete ben immaginare ero sommersa da input visivi ed emotivi continui che facevo fatica a metabolizzare. All'inizio ho cominciato a scattare foto solo delle cose curiose che incontravo per metabolizzare quelle che mi colpivano ma che non avevo modo ne tempo per studiare a fondo oppure dei posti che volevo far vedere a mia madre e che lei non poteva vedere direttamente. La prima foto l'ho scattata proprio per lei: eravamo al telefono e le raccontavo di una statua curiosa vista a Dusseldorf e lei mi disse "scusa ma perché non mi mandi una foto?" e tadaaan comincia l'ossessione. Prima con il cellulare, che ha una bella fotocamera da 8M pixel, poi ho deciso che era il momento di lanciarsi su cose "quasi" serie e mi sono avvicinata al mondo Canon. Ho una bridge, niente di esagerato, ma amo passeggiare per la città e scattare foto, cercare di raccontare quello che vedo e quello che sento. Di solito le immagini hanno il sopravvento sulle parole perché sono una persona molto "visiva" e perché le foto mi permettono di dare sfogo a quella parte creativa che non ha modo, tempo e spazio di esprimersi in altro modo. A casa disegno e dipingo molto, ora che son sempre con la valigia in mano la Canon ha sostituito i pennelli e le matite, mi permette di esplorare me stessa e il mondo in un modo nuovo, che non conoscevo, e allo stesso tempo di rendere partecipi anche gli altri.

Che mi dici dei Parigini, sono accoglienti? Sei riuscita a farti delle amicizie tra la gente locale?

Mmmmm...Tocchi un tasto dolente. I parigini sono poco socievoli con chiunque non sia un parigino, e in generale lo sei solo se sei nato e vivi all'interno del confine ideale delimitato dalla zona due. Molto molto gentili indubbiamente ma freddi e scostanti per certi versi. Comunque escludendo gli oriundi si, ho socializzato sia con Francesi che con altri espatriati come me, tutti i non Parigini si sentono un po expat da queste parti e alla fine ci si ritrova tutti fratelli a lamentarci dei Parigini e del tempo, magari davanti ad una bella entrecôte e ad una caraffa di Bordeaux. La Francia è in generale un Paese abbastanza ospitale con delle caratteristiche prettamente mediterranee come l'approccio al buon cibo e al vino che la rendono accogliente per un'Italiana. Ha anche però dei risvolti per noi più difficili, aspetti tipicamente nordici, come le relazioni interpersonali sia d'amicizia che d'amore: dopo un anno io posso tranquillamente dire di non conoscere o capire tutte quelle regole non scritte che regolano i rapporti umani da queste parti, fortunatamente essendo straniera sono tutti abbastanza tolleranti.

A livello lavorativo, com'è la situazione a Parigi? Quali settori potrebbero secondo offrire opportunità ad un Italiano che volesse cercare lavoro li?

E' una città enorme, con moltissime aziende in tutti i settori e ho notato che se hai skills e intraprendenza nonostante il periodo di crisi. Sicuramente il settore della ristorazione offre parecchio anche a chi non ha un titolo di studio da poter spendere, per quanto riguarda invece i settori telecomunicazioni, elettronica e informatica, che sono poi quelli che mi riguardano direttamente, ci sono molte buone possibilità di lavoro ben retribuito. Infine tutto il settore financing, di cui non sono una grande esperta ma che a detta di chi è nell'ambito, è abbastanza attivo e vitale.

Qual'è stato l'aspetto più difficile da sormontare legato al trasferimento? Magari cercare casa, integrarsi nella comunità, la burocrazia...potresti raccontarci un po' la tua esperienza?

Sicuramente la casa. Ogni volta che ci penso ho i brividi e il solo pensiero di dover cercare una nuova casa a Gennaio mi terrorizza. Come dicevo prima la burocrazia è una delle piaghe che affliggono questo paese, ma quando cerchi casa vedi che la burocrazia tipicamente mediterranea si innesta con la sterile pignoleria di matrice nordica per dare vita al Kraken/padrone di casa francese. Per cercare casa devi prepararti a 3 mesi di sofferenze tra spulciare annunci, girare appartamenti, fare file e lotte titaniche anche solo per poter visitare una casa da affittare, discutere con agenzie e preparare un dossier spesso e corposo che possa convincere un padrone di casa ad affittarti una stamberga a prezzi solitamente esorbitanti. Tutto parte dal mitico dossier, una bella cartellina dove metti tutta una serie di documenti che dovrai presentare ogni volta: busta paga degli ultimi 3 mesi, dichiarazione dei redditi dell'anno precedente, spesso richiedono anche il contratto di lavoro o una dichiarazione del tuo datore di lavoro che attesti che lavorerai per almeno un altro anno e che sei un buon impiegato, una dichiarazione di un precedente padrone di casa con una valutazione positiva (se possibile), una dichiarazione di un cittadino francese che garantisca che sei una brava persona (giuro che non scherzo), documenti bancari varii. Insomma di tutto di più. Poi comincia il calvario degli annunci, degli appuntamenti per visitare casa, spesso in gruppi dove si finisce a fare l'asta per l'appartamento da affittare e infine, se sei molto fortunato il contratto. Per un monolocale o studio, come lo chiamano loro, di 20mq che pagherai 1000 euro. E' un incubo che non augurerei al mio peggior nemico e in generale la cosa più brutta e stressante che ho vissuto qui.

Qualche aneddoto simpatico, qualcosa di curioso che ti è successo in relazione alla tua nuova esperienza di vita che hai voglia di raccontarci?

Sono poco portata per le lingue, purtroppo, ma vivendo qui sto cercando di imparare la lingua da autodidatta, per ragioni di tempo non ho modo di frequentare un corso normale e cerco di arrangiarmi. I risvolti di questa mia avventura linguistica però sono tragicomici: non riesco a pronunciare nel modo giusto le parole o confondo le pronunce delle vocali. Ci provo con impegno ma quando parlo in francese i miei amici si trattengono per non scoppiare a ridere... sono la mascotte della situazione ma va bene lo stesso. Mi impegno, faccio dei miglioramenti e sono felice. Alla fine so che avrò la meglio è imparerò e pazienza per le figuracce, c'è di peggio nella vita!

Progetti per il futuro...ti piacerebbe magari fare un'esperienza in qualche altro Paese estero?

Dopo un anno qui ho capito che pur piacendomi moltissimo, a tratti persino amandola, Parigi non è la città in cui vorrei mettere radici. Devo essere sincera ancora non so dove voglio andare, magari la Germania o un paese asiatico sarebbero interessanti, anche per confrontarsi con modi di vivere completamente diversi dal nostro. Non sarebbe facile di sicuro ma credo che a livello umano e professionale ne trarrei grande giovamento. Sicuramente vorrei girare e vivere ancora per qualche anno da "zingara" e poi decidere in serenità se e dove rimanere o se vale la pena provare a tornare in Italia. Al momento lo escludo categoricamente ma non si sa mai che cambino le condizioni e si possa tentare di riportare la ricchezza intellettuale che sto accumulando in Italia, per migliorare il nostro splendido Paese.

A fronte del tuo vissuto, ti senti di dare qualche consiglio a quanti stanno per affrontare un trasferimento in un Paese estero?

Spesso mi chiedono consigli su come andare via e io ripeto spesso una frase: non crediate sia il Paese delle favole, nessuno regala nulla e all'inizio sarà terribile. Mi prendono per perfida ed esagerata ma è così: tutti pensano che sia una passeggiata, tutto rose e fiori e che appena valichi i confini ti stendono un tappeto rosso e tutte le porte sono aperte. Non è così, ci vogliono impegno, sacrificio, resistenza, soprattutto i primi mesi dove ogni ostacolo sembra insormontabile e tutto deve essere conquistato, anche la quotidianità. Se si riesce ad essere forti però i frutti man mano arrivano e sarà bello vedersi riconosciuto il proprio valore! E un'altra cosa che per me è ovvia ma mi sono resa conto che per molti non è così scontato è la conoscenza linguistica. Di base serve una conoscenza ottima se non eccellente dell'inglese per avere speranze di essere assunti per posizioni tecniche. Per capirci il diplomino della scuola XYZ fa scena sul CV ma se ricevi una chiamata da un recruiter e non hai una buona padronanza della lingua vieni cassato dopo 5 minuti, e hanno ragione perché le aziende si muovono ormai nella quasi totalità su un piano internazionale e se in una riunione capisci capre invece che cavoli puoi causare danni economici non indifferenti alla tua azienda, chi si prenderebbe un rischio simile? Anche se da un punto di vista tecnico/CV/competenze/skills sei il meglio sul mercato ma poi non parli bene come minimo l'inglese sei penalizzato e non puoi aspirare a ricoprire la posizione che meriti per le tue competenze. Poi se vai o vuoi andare in Francia la dimostrazione di una volontà costruttiva e intraprendente sarebbe anche cominciare a studiare i rudimenti della lingua già in Italia. Non serve una preparazione da madrelingua ma la buona volontà e un buon corso, anche on line, che permetta di avere quel quid in più che ti può far preferire ad un altro candidato. Io sono stata fortunata a non averne bisogno: la mia azienda è italiana ma lavoro con un cliente qui in Francia che è coreano, l'unica lingua utilizzata è l'inglese ma cerco comunque di imparare il francese per cercare di integrarmi meglio e per avere una competenza in più che non fa mai male!

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