L'immigrazione come soluzione per la carenza di manodopera nel Regno Unito
Nessuno avrebbe potuto immaginare, nel 2016, che il Regno Unito sarebbe diventato uno dei leader dell'immigrazione economica! Nonostante la Brexit, i lavoratori stranieri restano i benvenuti. Eppure, una delle promesse dei fautori della Brexit era quella di riformare la politica di immigrazione inglese per limitare l'ingresso di lavoratori stranieri (soprattutto europei). Il sistema dei visti a punti avrebbe dovuto disincentivare le aziende ad assumere stranieri, favorendo così l'occupazione dei cittadini locali. Ma studi recenti dimostrano che la Brexit, negli ultimi due anni, ha contribuito in modo significativo alla grave carenza di manodopera sul territorio nazionale.
Le aziende sono state le prime a chiedere maggiore flessibilità per arginare la crisi del lavoro; ritengono che solo l'immigrazione economica possa migliorare la situazione. Attualmente si registrano oltre un milione di posti di lavoro vacanti. Il governo di Sunak ha appena presentato il suo nuovo piano per allentare le regole sull'assunzione di lavoratori stranieri. Secondo il quotidiano Financial Times, uno dei primi settori interessati dalla manovra sarà quello delle costruzioni, che in seguito alla Brexit registra un grave scoperto. Le imprese edili sono a corto di muratori, stuccatori, carpentieri ecc. Il governo si sta quindi adoperando per semplificare l'ottenimento del visto, allo scopo di facilitare l'assunzione di queste figure professionali. L'elenco delle mansioni più richieste verrà ampliato e ingloberà altre professioni.
Studenti stranieri nel Regno Unito: porte aperte o chiuse?
A che gioco sta giocando il governo britannico? Tra il governo e l'opposizione i toni sono accesi. È difficile farsi un'idea chiara della strategia di Sunak, dal momento che l'esecutivo parla solo d'immigrazione e nel contempo sta dando un giro di vite all'ingresso degli studenti stranieri.
A fine di gennaio, un articolo pubblicato sul The Times ha riportato che il governo vorrebbe ridurre la durata del soggiorno degli studenti internazionali una volta terminati gli studi. Se il piano fosse approvato, questi giovani potrebbero rimanere in Gran Bretagna solo per 6 mesi, rispetto ai due anni attuali. Al tempo stesso, però, l'orario di lavoro legale per tutti gli studenti (sia inglesi che stranieri) dovrebbe passare da 20 a 30 ore settimanali, per sopperire alla carenza di manodopera... Il limite di 20 ore a settimana era stato fissato per proteggere gli studenti, in particolare quelli internazionali, da potenziali abusi di datori di lavoro senza scrupoli. A quanto pare la questione economica ha avuto la meglio.
Perchè ridurre il numero di studenti stranieri? La proposta viene da Suella Braverman, Ministro degli Interni, e rientra nel piano del Primo Ministro Sunak per ridurre l'immigrazione totale nel Regno Unito. Nel 2022, su 1,1 milioni di immigrati entrati nel Regno Unito, 476.000 erano studenti. Il Dipartimento dell'Istruzione si oppone fermamente al piano della Braverman (che afferma di agire per conto del Primo Ministro), sottolineando che le tasse pagate dagli studenti stranieri sono essenziali per finanziare le università. Universities UK, un gruppo che rappresenta 140 università britanniche, è sulla stessa lunghezza d'onda. Entrambi temono "gravi conseguenze", sia per la reputazione del Paese che per la crescita economica. Le aziende sono dello stesso parere. In sostanza, tutti mettono in discussione la strategia del governo: sì alla forza lavoro degli studenti, ma no al loro soggiorno a lungo termine?
La Brexit genera confusione?
Gli oppositori e la stampa non sono clementi con il governo Sunak, e alludono al fatto che la Brexit stia provocando il caos. Considerano la politica del Primo Ministro "sconcertante", per non dire "incomprensibile".
Per Stella Creasy, deputata e presidente del partito laburista, il governo è "incapace di mettere in piedi un sistema di immigrazione e di asilo che funzioni". In un'intervista rilasciata all'Huffington Post, sottolinea che con la Brexit, inizialmente presentata come un'operazione vantaggiosa per la collettività, tutti ci stanno rimettendo. A suo parere, a causa della nuova politica dei visti, sia i britannici che gli stranieri perdono posti di lavoro e opportunità. "Il sistema dei visti va riformato", dice la Creasy. Anziché una visione a breve termine, per sanare la carenza di manodopera, propone di guardare oltre e di elaborare una strategia che favorisca la crescita economica e sociale della Gran Bretagna.
Il danno è già stato fatto. Dopo la Brexit, gli studenti europei si sono dimezzati. Sebbene la pandemia e l'inflazione abbiano contribuito al calo, la Brexit pesa in modo massiccio sul bilancio. All'inizio dell'anno accademico 2020-2021, le università britanniche contavano 64.120 studenti europei. Quello successivo erano solo 31.400. Con la Brexit, gli studenti europei ci hanno rimesso: se prima pagavano le stesse tasse universitarie degli inglesi, ora devono sborsare quattro volte tanto.
Allentare le tensioni, mantenere la rotta: la strategia Sunak
Molti rimpiangono l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, anche i "pro-Brexit". Sunak, invece, non demorde. In un'intervista rilasciata al Sunday Time alla fine di febbraio, spiega: "Credo nella Brexit, ho votato per la Brexit, ho fatto propaganda per la Brexit e voglio dimostrare che funziona". Aveva già pronunciato lo stesso discorso nel novembre 2022, quando circolavano voci che volesse ammorbidire la Brexit per avvicinarsi all'Unione Europea. Martedì 7 marzo ha presentato un disegno di legge "anti-immigrazione illegale" a comprova della sua determinazione. Con questo disegno di legge, gli immigrati che entrano illegalmente nel Paese non potranno ottenere il diritto di asilo. La nuova legge faciliterebbe la detenzione, l'espulsione e il divieto di ritorno a vita sul territorio britannico.
L'incontro con Macron di venerdì scorso a Parigi, nell'ambito del primo vertice franco-britannico dal 2018, offre una nuova visione della strategia di Sunak. I due capi di Stato vogliono giocare la carta della riappacificazione, dopo anni di forti tensioni.