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Lavorare all'estero: le sfumature culturali da non trascurare

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Pubblicato 29 Marzo 2024

L'espatrio è spesso vissuto come un'esperienza arricchente. Tuttavia, questa avventura non dovrebbe limitarsi alle condizioni o agli orari di lavoro. Ogni Paese, infatti, ha i suoi codici culturali, a volte impliciti, che possono avere una notevole influenza sull'integrazione e sull'esperienza complessiva. Quali sono le sfumature da conoscere?

Le diverse percezioni dell'equilibrio tra lavoro e vita privata possono ostacolare o agevolare la fruizione delle ferie

Nella maggior parte dei Paesi, un lavoratore ha diritto a un numero minimo di ferie retribuite all'anno. Gli Stati Uniti sono un' eccezione alla regola, perché non hanno una legge federale in merito. Ma non è solo la legge a influenzare la possibilità di prendersi delle ferie. Le diverse norme culturali sulla produttività, sul senso del dovere, sull'equilibrio tra lavoro e vita privata possono influire molto sulla possibilità degli espatriati di richiedere le ferie.

In Giappone, ad esempio, la legge dice che i lavoratori possono prendere da 10 a 20 giorni di ferie pagate ogni anno (il numero dipende dall'anzianità di servizio). Lo sapevi che, per la cultura giapponese, andare in ferie è una cosa mal vista? La mentalità del sovraccarico di lavoro ha persino portato a coniare un termine, karoshi, per indicare la morte per eccesso di lavoro. Il fenomeno ha le sue radici nella società: le donne tendono ad abbandonare il lavoro quando hanno il primo figlio, perché diventa impossibile conciliare la vita professionale con l'educazione dei figli. Gli uomini, di conseguenza, sacrificano il tempo con la famiglia per lavorare, facendo tantissimi straordinari.

E' come se fossero obbligati a sembrare produttivi a tutti i costi. Uno studio di Slack, State of Work 2023, ha rilevato che i professionisti di Giappone, Singapore e India sono molto più inclini, rispetto a quelli di altri Paesi, al presenzialismo: mostrare di essere sempre occupati, facendo sapere ai colleghi che si è costantemente impegnati. 

Un espatriato proveniente da una nazione che ha una cultura del lavoro diversa potrebbe trovarsi in difficoltà, soprattutto nei primi tempi. In questo caso, discuterne con il responsabile del personale, o con il superiore, potrebbe essere una buona idea. Lo scopo è quello di capire cosa ci si aspetta da te. All'inizio, i colleghi potrebbero essere più indulgenti e comprensivi perché sanno che sei nuovo non solo in azienda, ma anche nel Paese. Con il tempo si aspetteranno che ti adatti ai loro ritmi.

Potrebbe valere anche il contrario: un espatriato proveniente da un contesto iper produttivo potrebbe trovarsi spiazzato di fronte a un approccio più rilassato sul lavoro. La Spagna, ad esempio, è uno dei Paesi migliori in termini di equilibrio tra lavoro e vita privata. Si è infatti classificata al secondo posto, a livello mondiale, nel Global Life-Work Balance Index 2023, pubblicato dalla società di risorse umane Remote. È la terza nazione al mondo (dopo Francia e Italia) per numero di ore che le persone dedicano ad attività di svago non correlate al lavoro. 

Sebbene la cultura della siesta sia in declino, alcune aziende spagnole concedono ancora 1-2 ore di riposo ai propri dipendenti nel primo pomeriggio. In alternativa, possono accordare una pausa pranzo piuttosto lunga. Altre aziende praticano la jornada intensiva ("giornata lavorativa intensiva") durante l'estate, dove i dipendenti lavorano ininterrottamente fino alle 15:00 (senza pausa pranzo) per poter uscire prima dall'ufficio e godersi il resto della giornata. Gli espatriati che sono abituati a lavorare dalle 9 alle 5, potrebbero faticare ad adattarsi, all'inizio. 

Il codice di abbigliamento

Le regole sul codice di abbigliamento sono integrate nel contratto di lavoro, o ti vengono spiegate durante il colloquio. Rispecchiano sia le norme generali del Paese che la visione dell'azienda. Ci sono, a volte, anche delle norme non scritte che hanno a che fare con la cultura del posto. Nel Regno Unito, ad esempio, è consuetudine indossare colori più scuri e neutri in inverno. Non solo nero, ma anche grigio, marrone, bordeaux, blu e viola scuro. Ovviamente, nessuna azienda vieta di indossare colori sgargianti, sarebbe un'imposizione ridicola. Nonostante questo, esistono dei codici non scritti, e non conoscerli potrebbe suscitare commenti e sguardi indesiderati dei colleghi.  

Il grado di conservatorismo o libertà di un Paese influisce (purtroppo!) anche sull'abbigliamento, soprattutto per le donne. Da quando, nel 2019, l'Arabia Saudita ha aperto le porte al turismo non religioso, l'obbligo per le donne di indossare il velo e l'abaya (una veste lunga fino ai piedi, spesso nera) è stato tolto. Tuttavia, per integrarsi culturalmente, molte donne espatriate indossano ancora l'abaya in pubblico. Sul lavoro, gli espatriati (soprattutto le donne) sono tenuti a conformarsi a determinate norme. In generale, bisogna optare per un abbigliamento poco appariscente, evitando gli abiti corti, scollati. Le gonne vanno portate lunghe, e le camicie a mezza manica.

In altri Paesi è possibile indossare un abbigliamento etnico sul lavoro, che è considerato un segno di rispetto e integrazione quando indossato dagli espatriati. In India, ad esempio, le donne possono vestire con un kurta, un saree e un salwar kameez, a patto che non sia troppo appariscente. Il salwar kameez è una tunica lunga con un paio di pantaloni larghi abbinati, mentre il kurti è una tunica leggermente più corta e spesso ricamata. 

Nelle aziende indiane, dove vige un codice di abbigliamento business casual, è possibile indossare un kurtis con jeans scuri e ballerine. Gli espatriati possono ovviamente attenersi allo stile occidentale, anche se adottare un abbigliamento tipico dimostra la volontà di fare parte del gruppo, attitudine sempre apprezzata.

La gastronomia locale

Il cibo è parte integrante della cultura di un Paese, e gioca un ruolo importante anche sul lavoro. Condividerlo o donarlo può aiutare a creare legami. Così come indossare abiti tipici è un modo per mostrare rispetto verso le tradizioni locali, così rispettare le norme legate al cibo è indice di sensibilità nei confronti della gente del posto. 

Le cene di lavoro sono un esempio dell'importanza del cibo in ambito professionale. La partecipazione a questi eventi può essere più frequente per alcune professioni, come le vendite o la gestione dei clienti, ma non mancheranno occasioni conviviali, come pranzi tra colleghi e feste di fine anno, anche svolgendo altre mansioni. 

In Cina, ad esempio, mangiare segue dei codici precisi. Se stai pranzando con un collega più grande o più alto di grado, aspetta che inizi a mangiare e versagli da bere (anche una se solo dell'acqua) prima di servirti. Come gesto di gentiliezza, puoi fare lo stesso anche con i colleghi tuoi coetanei. Se condividi una pietanza, lascia l'ultimo boccone agli altri commensali. Per rifiutare del cibo, usa formule come: "Grazie, sono sazio" invece di "Scusa, non mi piace".

In Francia, una legge del XIX secolo sull'igiene pubblica vietava di consumare cibo sul posto di lavoro. Anche se obsoleta al giorno d'oggi, i francesi continuano a non vedere di buon occhio chi mangia seduto alla scrivania. La pausa pranzo in Francia può durare fino a due ore ed è considerata un'opportunità per staccare dal lavoro e socializzare con i colleghi. Uno studio del 2016 di The Local France ha rilevato che quasi la metà dei dipendenti francesi trascorre più di 45 minuti in pausa pranzo, contro 10% e il 3% dei britannici e degli americani. Quindi, se sei un espatriato in Francia, e mangi davanti al computer invece che unirti ai colleghi, potresti dare l'impressione di essere poco socievole o uno stacanovista. 

Questi sono solo alcuni esempi di norme piuttosto semplici e tacite sul cibo al lavoro che possono cambiare il modo in cui tu, come lavoratore straniero, entri in sintonia con i colleghi.

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