La scelta di un Paese in cui trasferirsi dipende da diversi fattori: la passione per una determinata nazione, l'interesse per la sua cultura, le prospettive di carriera o la voglia di mettersi in gioco, tra gli altri. Ma è essenziale valutare questi motivi in base alle leggi sul lavoro della nazione scelta. Fattori come l'orario di lavoro, le ferie, la presenza dei sindacati e l'età pensionabile sono fondamentali. Ecco un'analisi dei Paesi con le “peggiori” e “migliori” condizioni di lavoro.
Orari di lavoro
72, 69, 48, 40, 37, 35 ... questi orari di lavoro possono apparire strani, eppure rappresentano la quotidianità di molti dipendenti. A seconda della nazione di provenienza, un professionista può essere abituato ad orari di lavoro più, o meno lunghi. In caso di espatrio, adattarsi a tempistiche diverse è destabilizzante, tanto che alcuni decidono di cambiare settore professionale o Paese.
La settimana lavorativa di 35 ore in Francia
Da quando è stata introdotta nel 2000, e adottata obbligatoriamente nel 2002, questa riduzione della settimana lavorativa da 39 a 35 ore ore ha suscitato curiosità a livello internazionale, soprattutto perché altri Paesi mantengono uno standard di 40 ore o più. L'applicazione delle 35 ore varia tuttavia a seconda dei settori. La riforma originale prevede delle eccezioni che permettono di estendere la settimana fino a 44-48 ore e addirittura fino a 60 ore in circostanze particolari. Anche l'Australia ha un orario di lavoro inferiore alle 40 ore, pari a 38 ore settimanali.
40 ore: la settimana lavorativa standard
In Germania, la settimana lavorativa è fissata per legge a 40 ore, con un limite massimo consentito di 48 ore. La Spagna attualmente rispetta lo stesso standard di 40 ore, ma sta valutando una riduzione a 37,5 ore entro il 2025. Questa proposta di modifica, introdotta a marzo dal Ministro del Lavoro Yolanda Diaz, mira a “razionalizzare gli orari di lavoro” e mettere fine agli orari di lavoro scaglionati che caratterizzano la Spagna: pranzo tra le 14 e le 16, lavoro in ufficio dopo le 19 (per almeno il 30% dei dipendenti), ristoranti aperti fino alle 2 di notte, ecc. Ma la proposta non gode di un sostegno unanime. La settimana di 40 ore è la norma negli Stati Uniti, in Canada, a Mauritius, in Corea del Sud e in Nigeria. Nel marzo 2023, il governo sudcoreano ha cercato di aumentare la settimana lavorativa legale a 69 ore. Di fronte alle proteste, il governo ha rapidamente abbandonato il progetto.
Oltre le 50 ore: lavorare di più per guadagnare di più?
In Svizzera si lavora tra le 40 e le 50 ore, a seconda del settore. In Marocco e a Singapore si lavora 44 ore (con un massimo di 48 ore a Singapore) e 45 ore in Sudafrica. Nel Regno Unito e in Egitto si lavora 48 ore. Anche la maggior parte dei Paesi dell'America Latina applica la regola delle 48 ore: Argentina, Bolivia, Colombia, Costa Rica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay e Perù. Fanno eccezione Brasile ed Ecuador, dove l'orario di lavoro è fissato per legge a 44 e 40 ore settimanali. Nel 2023, il Cile si è unito all'Ecuador con una riforma che ha abbassato la settimana lavorativa da 45 a 40 ore.
In Cina si lavora tra le 40 e le 44 ore (massimo). In alcuni settori, come l'industria tecnologica, questo massimo non esiste più e l'industria ha sviluppato un proprio sistema: il “996”. Questo significa lavorare dalle 9 alle 21, 6 giorni alla settimana, per un totale di 72 ore settimanali. Esistono varianti, come l'8106 (dalle 8 alle 22, 6 giorni alla settimana), il 997 (dalle 9 alle 21, 7 giorni alla settimana) e lo 007 (da mezzanotte a mezzanotte, 7 giorni alla settimana, cioè 24 ore al giorno). Nonostante il malcontento sempre più evidente dei giovani lavoratori, questi sistemi, nati con il boom di Internet, sono ancora attuali.
Età pensionabile
Per far fronte all'esplosione dei costi sanitari e al pagamento delle pensioni, molte nazioni stanno gradualmente innalzando l'età pensionabile. La situazione è la stessa un po' dappertutto: basso tasso di natalità e rapido invecchiamento della popolazione. Non ci sono abbastanza lavoratori per sostenere il sistema pensionistico. La "silver generation" rientegra la forza lavoro per sostenere le pressioni finanziarie.
Verso il pensionamento a 60 anni
Il 13 settembre, Pechino ha annunciato un aumento dell'età pensionabile, che passa da 60 a 63 anni per gli uomini e da 55 a 58 anni per le donne. Questo cambiamento di politica, valutato a lungo dal governo a fronte delle preoccupazioni legate alla crisi economica, mantiene comunque un'età pensionabile che si attesta al di sotto di altri Paesi. Lo scorso marzo, Singapore ha annunciato l'innalzamento dell'età di pensionamento (da 63 a 64 anni) e di rioccupazione (da 68 a 69 anni). Il reimpiego riguarda i pensionati che “desiderano” continuare a lavorare.
La norma: pensionamento a 60 anni e oltre
In altre parti del mondo si tende ad andare in pensione tra i 60 e i 70 anni. Esistono notevoli discrepanze tra il diritto al lavoro e la pratica. Il Giappone, ad esempio, fissa l'età legale di pensionamento a 60 anni. Ma nessuno va in pensione a quell'età, perché la pensione è troppo bassa per vivere. I giapponesi di solito lavorano fino a 70 anni e oltre. Non è più raro vedere impiegati di 80 anni... La vicina Corea del Sud non è da meno, con un'età pensionabile che aumenta di un anno ogni 5 anni: 62 anni oggi, 64 nel 2028, 65 nel 2033... Ci sono tanti sudcoreani che hanno compiuto 70 anni e che lavorano. La situazione precaria dei lavoratori della terza età è una delle tragedie taciute della Corea del Sud.
I paesi si stanno lentamente orientando verso il pensionamento a partire dai 65 anni. In Costa d'Avorio, Belgio, Camerun e Canada l'età è di 65 anni; in Danimarca e nel Regno Unito è di 66 anni; in Italia e in Australia è di 67 anni. In Francia, la riforma delle pensioni (aumento graduale da 62 a 64 anni) si sarebbe dovuta applicare a partire dal 1° settembre. Questo senza tener conto delle elezioni estive a sorpresa e della nomina di un Primo Ministro di destra ( a fronte di elezioni vinte dalla sinistra), ma che hanno permesso al Presidente Macron di mantenere la sua riforma.
Equilibrio vita-lavoro (diritto alla disconnessione)
Dopo la pandemia, il diritto alla disconnessione ha acquisito popolarità. I professionisti locali e stranieri fanno sempre più attenzione al rispetto dell'equilibrio tra lavoro e vita privata. Un numero crescente di Paesi sta iniziando a legiferare in merito, altri preferiscono non interferire nelle relazioni tra datori di lavoro e dipendenti.
Nel 2021, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda hanno introdotto il diritto alla disconnessione per tutelare meglio i dipendenti. Anche il boom del telelavoro ha avuto un impatto, erodendo il confine tra vita privata e professionale. La Spagna ha riconosciuto il diritto alla disconnessione nel 2018. Lo sviluppo del telelavoro ha portato il governo spagnolo a riformare la propria legislazione per incorporare questa nuova forma di lavoro. Francia e Filippine riconoscono questo diritto dal 2017. In Canada e negli Stati Uniti non esiste una legge federale, ma sono state prese iniziative a livello statale. Nel dicembre 2021, la provincia canadese dell'Ontario ha inserito il diritto alla disconnessione nella sua legislazione. La California, ad oggi, sta valutando una proposta di legge, che l'Australia ha invece approvato quest'estate.
Non esistono leggi in merito in Nuova Zelanda, Svezia, Finlandia, Regno Unito, Venezuela, Croazia, Turchia, Corea del Sud, Giappone, Singapore e Cina. La Corea del Sud sta valutando la possibilità di legiferare dal 2016, ma è difficile per questa nazione ultraconnesso incorporare la disconnessione nel proprio diritto del lavoro. Chi sostiene questa misura che sottolinea l'importanza perchè i lavoratori sudcoreani sono tra i più stressati al mondo. Lo stesso vale per il Giappone. Secondo un sondaggio condotto dalla Confederazione Sindacale Giapponese nel 2023, il 72,4% degli intervistati ha dichiarato di essere già stato contattato dai superiori o colleghi al di fuori dell'orario di lavoro. La percentuale era più bassa prima del COVID (64,2%).
Telelavoro
La legislazione sul diritto alla disconnessione va spesso di pari passo con quella sul telelavoro. Colombia, Argentina, Cile, Francia, Irlanda, Filippine, Spagna, Germania... Sono diversi i Paesi che hanno approvato leggi per regolamentare il telelavoro. In Canada, l'Ontario ha adottato misure in tal senso. Negli Stati Uniti le aziende hanno carta bianca.
Ma una legge sul telelavoro non significa che i dipendenti siano liberi di telelavorare come vogliono. In molti casi, la legge prevede che il telelavoratore mantenga gli stessi obblighi nei confronti dell'azienda. Un'azienda può comunque rifiutarsi di consentire il telelavoro, ad esempio in presenza di un contratto collettivo o per motivi di sicurezza.
Sebbene sia una tendenza diffusa tra gli espatriati, il telelavoro non fa necessariamente parte della cultura del Paese ospitante. È il caso del Giappone, dove la presenza in azienda rimane la norma, nonostante il telelavoro sia in lento aumento. Anche nella Repubblica Ceca il telelavoro non è molto diffuso; la pratica non è nemmeno sancita dalla legge.
Vacanze retribuite
Dove andare per godere del maggior numero di ferie retribuite? Può sembrare una domanda fuori luogo e di certo non dovrebbe essere il primo criterio nella scelta della nazione dove trasferirsi. Ma conoscere le leggi sul diritto alle ferie nel Paese di espatrio è importante.
L'Austria è tra le destinazioni più generose, con 38 giorni di ferie pagate all'anno (di cui 13 festivi). Malta garantisce 24 giorni di ferie e 14 giorni festivi. Seguono Grecia e Bolivia con 37 giorni di ferie retribuite, di cui 12 festivi. Regno Unito, Spagna, Svezia, Venezuela e Francia concedono 36 giorni, di cui da 8 a 12 festivi. La Germania offre solo 20 giorni di ferie retribuite, ma i lavoratori possono usufruire da 10 a 14 giorni festivi, a seconda dei Länder (stati tedeschi). In Finlandia, i dipendenti hanno diritto a 35 giorni di ferie pagate ( di cui 10 festivi).
Le leggi sono meno generose in Thailandia e in Canada: appena 19 giorni di ferie pagate (rispettivamente 13 e 9 giorni festivi). In Messico i giorni di ferie sono ancora meno: 13 giorni (con 7 giorni festivi). A Singapore e nelle Filippine i dipendenti hanno diritto a 7 e 5 giorni di ferie all'anno. Contro ogni aspettativa, la situazione è migliore in Giappone. La legge sul lavoro prevede 10 giorni di ferie, più 20 giorni festivi. Gli Stati Uniti non hanno una legge sulle ferie retribuite. In teoria, non esiste una legge federale che imponga alle aziende di concedere ferie retribuite ai dipendenti. In pratica, i dipendenti prendono in media 2 settimane di ferie all'anno.
Espatrio e leggi sul lavoro: come scegliere?
Non è sempre facile individuare i punti di forza e di debolezza di un sistema legislativo. Un lavoratore che desidera fare carriera all'estero sceglie la destinazione in base alle opportunità che offre. Gli Stati Uniti, ad esempio, restano una meta agognata, nonostante un sistema di immigrazione restrittivo, un mercato del lavoro ultra-competitivo e una scarsa tutela dei lavoratori (debole presenza dei sindacati).
Il Giappone e la Corea del Sud sono attivamente alla ricerca di talenti stranieri per attenuare la crisi demografica, nonostante la loro reputazione come mercati del lavoro difficili, lunghi orari di lavoro e forte presenzialismo. La posta in gioco per i governi che vogliono attirare profili stranieri è alta. Dovrebbe rivedere le loro leggi sul lavoro? Gli Emirati Arabi Uniti, in parte, lo fanno già fatto, allo scopo di accaparrarsi professionisti dall'estero.