Piergiorgio ha al suo attivo diverse esperienze lavorative all'estero. Attualmente vive in Germania dove svolge un ruolo di responsabilità presso una nota multinazionale farmaceutica. Appassionato di corsa, ama leggere e trascorrere il resto del suo tempo libero dedicandosi alla famiglia.
Raccontaci un po' di te, da dove vieni e quanto tempo fa hai lasciato l'Italia?
Vengo da Lodi, ultima di una serie di citta' dove mi sono trovato ad abitare da quando sono nato. Sicilia, Sardegna, Umbria sono state le regioni che mi hanno accolto nei traslochi della mia famiglia. E' forse grazie a questo seme di nomadismo che dopo la laurea al Politecnico di Milano, ed una esperienza in azienda a Pavia, ho valutato opportunità di esperienze lavorative all'estero. Sempre per la stessa società ho coperto lo stesso ruolo per due siti produttivi in Italia e Olanda, pendolando una settimana al mese per due anni. Quindi è arrivata la possibilità di trasferirmi in USA (PA) per due anni.
E' stata la prima esperienza da expat che ha decisamente segnato il mio percorso professionale e di crescita personale. Dopo l'esperienza a stelle e strisce sono seguiti alcuni anni di trasferte multi-settimanali in Canada, Olanda, Svizzera e Francia. A quel punto una parentesi di “Anno Sabbatico” in cui ho avuto modo di approfondire, in un Master post-universitario, le tematiche di Cybersicurezza e di Protezione dei Dati: una cartuccia in più da utilizzare sul mercato del lavoro. Decisione con relativi sacrifici familiari che ha pagato, nel senso che è stata strumentale, assieme all'esperienza pregressa, per negoziare un nuovo ruolo in una nuova società e quindi le condizioni di un trasloco familiare in Germania, dove ora mi trovo da tre anni.
Quali sono i motivi del tuo trasferimento in Germania?
In verità un insieme di fattori: l'idea di non accontentarsi delle condizioni esistenti (lavoro, Paese, società), la prospettiva di offrire alla famiglia un contesto multinazionale di crescita, una permanente curiosità per il mondo che cambia e per le emozioni che ne derivano.
Ognuno di questi fattori è declinabile in molte forme ma direi che la loro combinazione è stata decisiva per decidere l'ultimo trasferimento. Anzi, forse un altro fattore c'è: l'idea, un giorno, di poter raccontare qualcosa di interessante a mia figlia su Paesi, persone e contesti molto diversi tra loro.
Ti sei trasferito con la famiglia. Avete avuto difficoltà di adattamento e come le avete superate?
Sicuramente il periodo del trasloco non si limita ai giorni degli spostamenti fisici. Parte da lontano quando si cominciano le trattative per il ruolo da ricoprire nella nuova società e si valutano gli impatti sulla famiglia (lavoro, scuola, relazioni affettive, parenti, amici…etc). Quando si è deciso, parte poi il circo organizzativo che di solito viene sostenuto operativamente dalle società collegate al datore di lavoro.
La ricerca di una casa che soddisfi i requisiti essenziali, definiti secondo i criteri che riteniamo più adeguati, è uno dei mal di testa tipici di ogni trasloco. Nel mio caso abbiamo adottato una soluzione in due tempi: 6 mesi di trasloco in una soluzione abitativa temporanea solo per me e poi secondo trasloco nella casa finale. Definirla definitiva lo considererei un azzardo…
L'adattamento, al netto delle questioni di base (lavoro, banca, lingua, assistenza sanitaria, casa, scuola figlia, auto, burocrazia varia) è stato relativamente veloce.
La Germania ha una matrice culturale tipicamente europea, nel bene e nel male, pertanto più simile alla nostra rispetto, ad esempio, agli USA.
Abbiamo incontrato molte altre famiglie di expat con cui condividiamo, o abbiamo condiviso, un tratto di strada: relazioni che talvolta permangono anche a distanza di molti fusi orari (es. Giappone). Altre ne verranno.
Un ambiente internazionale, socialmente dinamico, dove accanto a famiglie che vivono stabilmente in Germania se ne affiancano altre temporaneamente residenti, costituisce a mio parere uno dei contesti migliori, per un ragazzo, dove crescere e formarsi specialmente nell'attitudine a considerarsi parte di un mondo dove i confini geografici sono visti sempre più come un incentivo ad esplorare, che non una limitazione da sopportare.
Ultima e più importante considerazione: nessuna scelta ha veramente senso se non è condivisa all'interno della famiglia di partenza. Non ha senso forzare scelte che possono generare strappi, rotture e rimpianti. L'idea guida è stata sempre di scegliere avendo poi 10, 100, anche 1000 rimorsi ma rimpianti mai. I rimorsi sono comunque riconducibili a scelte che potevano essere migliori: e poi, chi mai è esente da errori?
I rimorsi sono temporanei e dalle scelte fatte si impara sempre a migliorare qualcosa, ad esempio i criteri e la valutazione dei contesti. Viceversa credo che i rimpianti invece derivino da non-scelte o dalla scelta di non scegliere. Ai rimpianti non c'è rimedio, ci accompagneranno per sempre e saranno sempre una spina nel fianco.
E le emozioni che si provano vivendo la nuova esperienza non sono davvero reali se non sono condivise, in primo luogo, con la famiglia.
Di cosa ti occupi e che ha impatto ha avuto l'emergenza sanitaria sulla tua attività professionale?
Mi occupo di Assicurazione Qualità, all'interno della Information Technology, per una multinazionale farmaceutica.
Ruolo “Corporate” slegato in buona parte dalle dinamiche divisionali o di Paese. Certamente queste esistono, e spesso condizionano i processi decisionali, ma l'orizzonte è quello globale, soprattutto quando si tratta di valutare l'impatto delle tecnologie trainanti i più promettenti trend, quali la trasformazione digitale dei processi di business attuali.
Andare oltre la semplice digitalizzazione, per orientare il business verso una trasformazione che investa la dimensione del “cosa” facciamo, oltre che al “come” lo facciamo, credo sia la sfida delle sfide che stiamo vivendo.
Indubbiamente la pandemia ha avuto un impatto considerevole non tanto sui contenuti del lavoro, quanto sulla modalità di conseguirlo.
Sono in lavoro remoto da un anno, senza soluzione di continuità, e sono quindi sparite le occasioni di contatto quotidiane con i colleghi. Professionalmente l'impatto è stato minimo perchè i meeting erano già quasi completamente virtualizzati ma di certo le chiacchiere tra un meeting e l'altro, che aiutano a saldare rapporti e stringere relazioni, sono quasi del tutto scomparse. E questo senza dubbio incide notevolmente sul processo di integrazione in ottica expat.
Tua figlia è in quarantena perché una compagna di scuola è risultata positiva al coronavirus. Com'è stata gestita l'emergenza dalla scuola e come si svolgerà la ripresa delle lezioni in classe?
Lo scorso anno scolastico è andato tutto sommato bene. La scuola è stata on-line per circa 3 mesi su un totale di 10.
I giorni di scuola sono più o meno gli stessi che in Italia ma le vacanze sono maggiormente distribuite nell'arco dell'anno.
In questo anno scolastico c'è stato un po' di stop and go dopo Natale ma ora la scuola Primaria è tutta in presenza, a parte le compagne che sono state a contatto con la bimba risultata positiva. In questo caso la scuola ha allertato le Autorità sanitarie locali che hanno dichiarato per loro la quarantena di 10 giorni. Insegnanti e personale non docente sono soggetti a tampone PCR regolare ogni 2 settimane, per rilevare la comparsa di qualsiai caso. I ragazzi e gli insegnanti hanno obbligo di mascherina sempre, il locale è tenuto arieggiato regolarmente, le classi sono state divise in più aule per diminuire la densità di occupazione. Ciò vuol dire che alcune classi della Secondaria sono online per consentire alla Primaria di spalmarsi su più aule.
Al rientro dopo le vacanze pasquali la scuola ha offerto, su base volontaria, la possibilità di fare un test molecolare gratuito a tutti i ragazzi. Naturalmente abbiamo accettato.
Nel complesso direi che nello scorso anno scolastico la scuola ha avuto bisogno di un paio di settimane di stabilizzazione prima di trovare una sua routine nell'uso dei tool per la didattica a distanza (DAD). Poi insegnanti e ragazzi hanno via via familiarizzato con questa modalità di insegnamento.
Quest'anno si sapeva già come operare ma lo stop and go dettato dai numeri della pandemia, e dalle decisioni della nostra regione (Nord Reno Westfalia), è stato più fastidioso.
Il fatto è che nel migliore dei casi la DAD riduce la scuola a mera didattica. Manca, e non potrebbe essere altrimenti, l'effetto socializzante delle relazioni tra ragazzi come ad esempio constatare coi propri occhi le reazioni altrui ai propri comportamenti. Questo, assieme ad altre situazioni, fa maturare il senso di sè e l'autoconsapevolezza. Se manca per troppo tempo (mesi o anni), temo che possano crearsi dei rischi involutivi, specie per soggetti più sensibili o psicologicamente più fragili.
Circa i vaccini anti-covid in Germania cosa puoi dirci?
Tutti i residenti in Germania ne hanno diritto. A causa dell'età e stato di salute saremo, con ogni probabilità, in ultima fascia e quindi ultimi ad averne la somministrazione. Il Comune invierà una comunicazione con la procedura di prenotazione. La Fiera di Colonia è stata attrezzata per eseguire i vaccini. L'idea è comunque quella di aspettare il proprio turno e poi fare il vaccino.
Personalmente ritengo che se la campagna vaccini andrà bene, dal 2022 potremo ridurre drasticamente le limitazioni e l'uso delle mascherine.
Come ti piace trascorrere il tempo libero, restrizioni permettendo?
Il tempo libero è purtroppo limitato al week-end. A differenza dell'Italia, la Domenica è (quasi) tutto chiuso per cui il sabato è generalmente dedicato alle commissioni settimanali. Nelle Domeniche pre-pandemiche ci si concedeva il lusso di esplorare Colonia e le città vicine, andare a Bruxelles a trovare amici, o fare un giro in Olanda che è poco distante. Ormai è chiaro che viaggiare è un'attività oltremodo “covidogena” per cui uno dei modi più piacevoli di trascorrere il tempo libero è drammaticamente ridotto.
Leggere è ormai limitato a poche ore alla settimana: priorità al tempo da trascorrere con la famiglia in casa o fuori.
Sono tuttavia un appassionato di corsa: l'anno scorso ho corso 12 mezze-maratone da solo, senza ausili o device di alcune genere. Trovo questo tempo, un tempo utile per me, e di riflesso anche per gli altri. Tempo usato per fare un “defrag” dei miei pensieri, per pensare alle situazioni contingenti e tracciare alcune linee portanti per il futuro.
Perchè a me il futuro interessa molto: conto di trascorrerci ancora la maggior parte della mia vita.
In base alla tua esperienza, quali sono le cose fondamentali da sapere prima di trasferirsi in Germania?
Lo scenario ideale è trasferirsi perchè chiamati da una società per cui all'arrivo si è già in possesso di un contratto firmato. Tutto il resto (es. logistica, trasloco, casa...etc) ruota attorno. Inoltre conoscere già il tedesco aiuta e può fare la differenza nei tempi di inserimento.
L'inglese è il “kit di sopravvivenza” e consente di vivere anche senza conoscere il tedesco, ma alla fine si rischia di vivere in una bolla, avulsi dalla realtà circostante e senza un canale di comunicazione aperto sulla società e il Paese che ci ospita. Questo canale serve per capire il sentire comune, le sensibilità e la cultura delle persone locali intorno a noi.
Per questo serve investire molte energie, mettersi spesso in discussione, difendere le identità originarie in un contesto multinazionale.
Intraprendere un'esperienza all'estero richiede uno sforzo costante ed è in qualche modo un viaggio. Ed è il viaggio stesso la ricompensa.
Quali sono, per te, i pro e i contro di vivere all'estero?
Come già detto, ci sono molti stimoli sia per i ragazzi che per gli adulti.
Credo che quello che conta maggiormente sia lo spirito con cui si vive l'esperienza e la consapevolezza che qualsiasi evento, se vissuto con lo spirito giusto, si trasforma in un “pro”.
Da un punto di vista lavorativo trovo che la professionalità sia considerata un valore, non conta soltanto. Che quindi viene rispettata assieme alle esigenze personali e familiari. Che mettere il duro lavoro a servizio del talento paga e da qui si costruisce la propria credibilità professionale.
In generale si matura la sensazione che l'età si conti in anni, ma che la vita si conti in emozioni.
Un altro “pro” è che sia più facile lasciarsi sorprendere dalle situazioni: ogni persona incontrata può riservare sorprese e l'apertura al nuovo diventa un'attitudine quotidiana. Questo vale sempre, ma forse ancora di più quando si vive all'estero.
Di contro molte cose sono più difficili: la gestione delle spese correnti italiane (es. casa), la rarefazione dei contatti personali con i parenti e gli amici italiani. Di certo esiste sempre un lato positivo in un qualsiasi contesto negativo. Dipende molto dallo spirito (ancora!), dalla capacità di adattamento che abbiamo maturato, e dalle persone che si ha la fortuna di incontrare. C'è molta vita oltre il nostro orizzonte di partenza.