I visti per i nomadi digitali e il lavoro da remoto stanno rimodellando il mercato del lavoro globale

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Scritto da Asaël Häzaq il 30 maggio, 2023
Il nomadismo digitale e il lavoro da remoto hanno guadagnato popolarità dopo la crisi sanitaria. Sebbene esistessero già da prima, si sono notevolmente diffusi, aprendo la strada a una nuova era del lavoro a distanza. Anche le grandi aziende stanno adottando questa modalità. Il mercato del lavoro si sta trasformando e negli ultimi anni si sono verificati cambiamenti notevoli che richiedono di essere analizzati.

Nomadi digitali, lavoratori a distanza: la svolta nelle abitudini lavorative

In un passato non così lontano, luogo di lavoro e abitazione erano due entità distinte.
Questa situazione, ovviamente, non riguardava tutti i professionisti. I lavoratori autonomi e i lavoratori a distanza sono, da tempo, parte integrante della forza lavoro. Secondo uno studio, condotto da Morar Consulting per Polycom Group nel 2017, quasi due terzi della popolazione mondiale lavora regolarmente da remoto.

In testa alla classifica c'è il Brasile, con un sorprendente 54% della popolazione impegnata in attività lavorative che si svolgono al di fuori degli uffici tradizionali. Si tratta di professionisti che operano da casa oppure da luoghi come caffetterie, parchi pubblici o biblioteche. L'India segue a ruota, assicurandosi il secondo posto con il 43% della sua forza lavoro impiegata da remoto. L'Australia è al terzo posto, con il 41%. Seguono Germania (38%), Stati Uniti (36%), Regno Unito e Canada (32%), Francia e Cina (29%), Russia (22%), Singapore (19%) e Giappone (8%).

Già nel 2017, il termine "rivoluzione dello stile di lavoro" aveva preso piede per descrivere questo cambiamento di paradigma. Il lavoro da remoto ha registrato una crescita costante a partire dal 2010, in concomitanza con l'emergere di dibattiti sul diritto alla disconnessione, che incoraggiava i dipendenti ad astenersi dal rispondere alle chiamate/mail di lavoro al di fuori dell'orario canonico. Ad ogni modo, il lavoro a distanza rimane una pratica relativamente poco diffusa su scala globale. Pochi paesi offrono visti specifici per i nomadi digitali e le infrastrutture dedicate alle loro esigenze lavorative sono ancora limitate. Di conseguenza, continua a prevalere la tendenza di lavorare in un luogo diverso da casa.

Il mercato del lavoro sta cambiando

La crisi sanitaria globale ha innescato una profonda metamorfosi nel mercato del lavoro mondiale; una vera sfida per le aziende che si trovano a dover gestire l'evolversi delle aspettative dei dipendenti. Il lavoro a distanza, lungi dall'essere una semplice riorganizzazione delle modalità lavorative, ha dato vita a un profondo cambiamento nel modo di intendere il lavoro stesso. Il dipendente vuole partecipare più attivamente alla vita dell'azienda. Vuole esprimersi sia attraverso il lavoro sia svolgendo altre attività. Lavorare da remoto gli permette di conciliare lavoro e vita privata e di dare più spazio alle sue passioni e ai suoi interessi.

Questa trasformazione coinvolge il mercato del lavoro nella sua interezza. Le industrie, che devono far fronte a una carenza globale di talenti qualificati, stanno ora abbracciando queste nuove modalità di lavoro. Le pratiche di reclutamento si sono adattate di conseguenza: gli annunci di lavoro, aperti anche a profili internazionali, menzionano l'opzione di lavoro a distanza. Di conseguenza, le aziende alla ricerca di talenti internazionali non esitano più ad assumere persone che risiedono a centinaia di chilometri di distanza dalla loro sede fisica o addirittura in Paesi diversi.

I Paesi leader nel telelavoro

Negli Emirati Arabi Uniti (EAU), circa il 46% della forza lavoro è impiegata a distanza. Il Paese si sta posizionando come nuovo hub per il telelavoro puntando su attrattiva economica e diversità, ambiente cosmopolita, vantaggi fiscali, redditi elevati, posizione geografica favorevole, ambiente di vita privilegiato... Dal 2021, Dubai offre un visto per nomadi digitali. Nel caso degli Emirati Arabi Uniti, il lavoro da remoto è parte integrante dell'organizzazione del lavoro. Permette di adattarsi più rapidamente alle circostanze del momento. Questa flessibilità è vantaggiosa sia per le aziende che per i dipendenti.

Anche l'India sta guadagnando terreno. Il governatorato di Goa sta attualmente lavorando alla creazione di un visto per nomadi digitali. Lo Stato conta sulla sua reputazione internazionale per attirare i freelance stranieri. Al pari degli Emirati Arabi Uniti, l'India mira a diventare un hub per il nomadismo digitale e il lavoro da remoto. Oltre alle zone turistiche famose in tutto il mondo, il Paese punta sulle sue infrastrutture, adatte ad accogliere i lavoratori a distanza (spazi di coworking, soluzioni abitative concepite per i nomadi digitali...). Tra gli altri Paesi che stanno emergendo come hot spot per il lavoro da remoto ci sono Spagna, Portogallo, Malta, Mauritius, Giappone, Costa Rica, Panama e Capo Verde. Tutti  offrono un visto per nomadi digitali, ad eccezione del Giappone.

Un mercato sempre più aperto al telelavoro

Un altro motivo per cui il telelavoro sta crescendo così rapidamente è che è aperto a molte più categorie rispetto al passato. Le professioni digitali non sono le uniche interessate dal telelavoro accessibile ora anche da avvocati, coach (sportivi, espatriati, life coach, beauty coach, ecc.), direttori artistici, formatori, insegnanti, stilisti, designer di moda, creatori di gioielli, contabili, periti, consulenti, fotografi, agenti di viaggio, dietologi, psicologi, concierge online, agenti immobiliari, responsabili marketing, assistenti virtuali (segretarie online), consulenti HR, consulenti finanziari, ecc. Ma attenzione: alcune professioni richiedono qualifiche specifiche e l'autorizzazione ad esercitare.

Lavoro a distanza: progressi disomogenei a seconda della latitudine

La rivoluzione del telelavoro è più diffusa in alcune nazioni che in altre. Lo stesso vale per il nomadismo digitale. Mentre un numero sempre maggiore di destinazioni li riconosce, alcune sono rimaste indietro.

In Giappone, il telelavoro ha iniziato a decollare solo dopo la crisi sanitaria, con risultati contrastanti. Il Paese, che sta rivedendo le sue politiche sui visti per attrarre più talenti stranieri, non ha ancora lanciato un visto per nomadi digitali. Il presenzialismo e il collettivismo restano pilastri fondamentali della cultura del lavoro giapponese. In altre nazioni, a scoraggiare i datori di lavoro è il nebuloso quadro normativo. Nella Repubblica Ceca, la legge non definisce il telelavoro in modo sufficientemente chiaro. Anche in questo caso entra in gioco la cultura, con il peso della gerarchia e dello spirito comunitario che sono difficili da conciliare con il telelavoro. Lo stesso problema esiste in Cina, nonostante il 40% dei suoi dipendenti sia passato al telelavoro durante il Covid-19. Il principio stesso del telelavoro è incompatibile con la visione del Partito Comunista Cinese. Prima della pandemia, appena il 7% della popolazione attiva era autorizzato a operare da remoto. 

Telelavoro, la modalità del futuro?

Il mondo del lavoro di domani farà a meno degli uffici? Secondo alcuni pensatori, l'eventualità è molto probabile. Certi settori continueranno ovviamente ad avere postazioni fisiche (difficile che un meccanico, un panettiere o un tecnico industriale lavorino da remoto). Altri, invece, si stanno già muovendo oltre confini fisici. Il boom del nomadismo digitale e del lavoro da remoto sta rivoluzionando il mercato del lavoro internazionale.

Esistono altri motivi per cui il telelavoro fatica a diffondersi. È impossibile introdurre questa modalità di lavoro senza una buona copertura internet. Anche le disuguaglianze socio-professionali escludono alcune categorie di lavoratori. È il caso della Francia, fanalino di coda per il telelavoro in Europa (2022), che vede la maggior parte dei dirigenti operare da remoto, mentre i dipendenti restano in ufficio.

Ma attenzione alla controffensiva dei datori di lavoro. Non tutti sono favorevoli al telelavoro. Lo considerano un'eccessiva dematerializzazione, assimilabile all'esternalizzazione. Per loro, un'azienda sparsa ai quattro angoli del mondo non ha senso. In alternativa, dovrebbe aprire delle filiali nei mercati che vuole conquistare, ma non delocalizzare qua e là un numero esiguo di lavoratori. Sebbene i nomadi digitali abbiano meno restrizioni, il dibattito interessa anche loro. Attualmente stiamo assistendo un fenomeno particolare: mentre i dipendenti sentono l'esigenza di scorporarsi dall'ufficio lavorando da casa (con il rischio, secondo alcuni esperti, che il legame con l'azienda venga meno), i nomadi digitali si riuniscono in villaggi pensati apposta per loro.

E se il lavoro del futuro fosse essenzialmente un lavoro "più libero"? È il desiderio di libertà che spinge i nomadi digitali e i lavoratori a distanza a dare una nuova direzione alla loro carriera. La ricerca di un significato e di uno scopo assume sempre più importanza nelle discussioni sull'organizzazione del mercato del lavoro internazionale.

A proposito di Asaël Häzaq

Mikki è un'espatriata che vive in Giappone. Scrive contenuti per Expat.com ed è una blogger appassionata di lifestyle e cultura pop.